"Quell’atteggiamento tiepido e imbarazzato nei confronti di chi aveva ucciso Stefano significava che erano disposti a sacrificarci pur di non mettersi contro le forze dell’ordine. Non poteva più essere casa nostra"
Ci guardavamo in faccia senza capire e senza sapere che fare, mentre dalle varie sezioni della città affluivano gli altri. Il Movimento sociale italiano non ebbe alcuna reazione nei confronti dei carabinieri, probabilmente per difendere interessi e posizioni che non avevano nulla a che fare con la nostra militanza.
Noi ragazzini venivamo usati per il servizio d’ordine ai comizi di Almirante, quando serviva gente pronta a prendere botte e a ridarle, ma in quell’ occasione dimostrarono che se per difenderci bisognava prendere posizioni scomode, come denunciare i carabinieri e il loro comportamento, allora non valeva la pena.
Per la prima volta i fascisti si ribellarono alle forze dell’ordine. Acca Larentia segnò la rottura definitiva di molti di noi con il Msi.
Quell’atteggiamento tiepido e imbarazzato nei confronti di chi aveva ucciso Stefano (Recchioni, ndr) significava che erano disposti a sacrificarci pur di non mettersi contro le forze dell’ordine. Non poteva più essere casa nostra.
Per la prima volta e per tre giorni i fascisti spareranno contro la polizia. E questo segnò un punto di non ritorno. Anche in seguito, per noi che non eravamo assolutamente quelli che volevano cambiare il Palazzo, rapinare le armi ai poliziotti o ai carabinieri avrà un grande significato.
Che lo facessero altre organizzazioni era normale, il fatto che lo facessero i fascisti cambiava le cose di molto, perché i fascisti fino ad allora erano considerati il braccio armato del potere. »…..
TRATTO DA:
7 GENNAIO 1978
Come spesso accadeva in quegli anni, la giornata stava trascorrendo in un clima abbastanza teso. Alle 18.20 circa un gruppo di militanti del Fronte della Gioventù esce dalla sezione di Acca Larenzia per andare a fare un volantinaggio. Immediatamente un commando di 5 o 6 persone (l'attentato sarà in seguito rivendicato dai Nuclei Armati per il contropotere territoriale) apre il fuoco contro i ragazzi del Fronte.
Franco Bigonzetti è il primo ad essere colpito. Un altro ragazzo, ferito ad un braccio, riesce a rientrare in sezione e si chiude dentro. Gli altri si gettano a terra, ma il commando spara di nuovo e colpisce Francesco Ciavatta, che stava tentando di salire sulle scalinate a fianco del portone della sezione. Cade a terra. Morirà poco dopo in ambulanza. Alla notizia dell'agguato, costato la vita a due ragazzi, a due militanti, davanti alla sezione di Acca Larenzia si raduna una gran folla: forze dell'ordine, membri del partito, giornalisti, ma soprattutto giovani, i camerati dei ragazzi uccisi, forse quelli colpiti più da vicino da quel gesto folle.
La tensione è altissima. Un giornalista ed un cameraman, dopo aver ripercorso le tappe dell'agguato, si fermano accanto ad una macchia di sangue e uno dei due vi getta distrattamente sopra un mozzicone di sigaretta. I ragazzi presenti reagiscono in malo modo: i due vengono malmenati e ne nascono tafferugli e scontri. I carabinieri lanciano lacrimogeni sui manifestanti.
Il capitano Sivori, impugnata la sua pistola, cerca di sparare nel mucchio dei manifestanti, ma l'arma si inceppa. Si fa dare allora la pistola di un suo sottoposto, si inginocchia e prende la mira: questa volta i colpi partono, e viene colpito Stefano Recchioni, che morirà dopo 48 ore di agonia (9 gennaio).
Franco Bigonzetti è il primo ad essere colpito. Un altro ragazzo, ferito ad un braccio, riesce a rientrare in sezione e si chiude dentro. Gli altri si gettano a terra, ma il commando spara di nuovo e colpisce Francesco Ciavatta, che stava tentando di salire sulle scalinate a fianco del portone della sezione. Cade a terra. Morirà poco dopo in ambulanza. Alla notizia dell'agguato, costato la vita a due ragazzi, a due militanti, davanti alla sezione di Acca Larenzia si raduna una gran folla: forze dell'ordine, membri del partito, giornalisti, ma soprattutto giovani, i camerati dei ragazzi uccisi, forse quelli colpiti più da vicino da quel gesto folle.
La tensione è altissima. Un giornalista ed un cameraman, dopo aver ripercorso le tappe dell'agguato, si fermano accanto ad una macchia di sangue e uno dei due vi getta distrattamente sopra un mozzicone di sigaretta. I ragazzi presenti reagiscono in malo modo: i due vengono malmenati e ne nascono tafferugli e scontri. I carabinieri lanciano lacrimogeni sui manifestanti.
Il capitano Sivori, impugnata la sua pistola, cerca di sparare nel mucchio dei manifestanti, ma l'arma si inceppa. Si fa dare allora la pistola di un suo sottoposto, si inginocchia e prende la mira: questa volta i colpi partono, e viene colpito Stefano Recchioni, che morirà dopo 48 ore di agonia (9 gennaio).
" (…) Mentre siamo in riunione arriva la notizia che nella sede di Acca Larenzia i compagni hanno sparato di nuovo. (…) Quella sera del 7 gennaio, presi dalla rabbia per la morte di Franco Ciavatta e Stefano Bigonzetti i ragazzi iniziano gli slogan di protesta contro carabinieri e celere che sono lì davanti alla sezione per prevenire incidenti. Quella loro presenza di controllo è inaccettabile. (…). Il tono delle grida aumenta e dalla parte dei carabinieri iniziano a sparare lacrimogeni. La distanza tra noi missini e i carabinieri è minima e non si capisce perché ci sparino addosso. Indietreggio. Mi giro e vedo a terra quel ragazzo biondo con cui stavo parlando poco prima. E' Stefano Recchioni e torno indietro per aiutarlo a rialzarsi. Gli metto una mano dietro la testa per sollevargliela e gli occhi azzurri gli roteano all'indietro. Sulla mano ho una strana sensazione di caldo: provo a tirarlo su, ma quando la macchia di sangue si allarga sui miei jeans, capisco che non è stato colpito da un lacrimogeno ma da un proiettile alla nuca. Da una parte i carabinieri, dall'altra chi ha cercato riparo verso la sezione e si aspetta un'altra carica. Sulla strada è rimasto il corpo di Stefano che continuo a tenere tra le braccia. Non darà più segni di vita e il mio grido di aiuto non basterà a fermare quel sangue e a salvargli la vita. Non verso nessuna lacrima, ma niente da quel momento sarà più come prima ".
da "Nel cerchio della prigione" - Francesca Mambro
TRATTO DA:
Chi è stato segnato da queste ingiustizie non può mai più considerare di rimettere la sua vita e la sua libertà nelle mai degli assassini.
RispondiElimina