giovedì 29 dicembre 2016

ACCA LARENTIA: Cerco la verità sulla strage

Maurizio Lupini racconta quel 7 gennaio 1978
 
 
«Mi salvai ad Acca Larentia Cerco la verità sulla strage»
 
Trentotto anni fa – il 7 gennaio del 1978 - Maurizio Lupini scampò miracolosamente alla strage di Acca Larenzia dove persero la vita tre militanti del Fronte della Gioventù: due, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, per mano di un commando dell’estrema sinistra, l’ultimo, Stefano Recchioni, per un colpo di pistola esploso da un carabiniere dopo momenti di tensioni tra militanti di destra e forze dell’ordine.


Lupini, come vive ogni 7 gennaio?
«Ho paragonato il mio trauma a quello di chi ha subìto l’attacco alle Torri gemelle. Da quel giorno nulla è stato più come prima. A vent’anni il sogno è immaginare ciò che avverrà: quando ti trovi spezzata la realtà, invece, ti cambia la vita. Ogni Capodanno per me è traumatico, i colpi dei botti ricordano i colpi di pistola. Perché la strage è avvenuta giusto qualche giorno dopo...».


Le ultime rivelazioni sugli assassini cambiano qualcosa?
«Leggendo le dichiarazioni dell’ex brigatista Etro emerge un quadro: la circostanza del terrorismo di allora era divisa in due parti, una ancorata all’antifascismo militante. È stata quella che ha scaturito la strage: a pensarci bene potrebbe risultare la più verosimile. Io ho pensato per anni a un attentato nel clima del sequestro Moro: l’ho sempre ricondotto a un diversivo militare per alzare il livello di tensione a Roma. Quello che dice Etro mi sconfessa: perché sostiene che ci sia stato un diverbio tra di loro, con una frangia che era discorde a compiere questa iniziativa che gli poteva creare problemi sul sequestro».


Come vi sentivate a essere vittime della caccia alle streghe?
«Quell’odio lo percepivano ma non ce ne facevamo una ragione. Noi rivendicavamo le conquiste sociali, che come tali non potevano essere né di destra né di sinistra. Cercammo pure dei contatti e riuscimmo a imbastire un discorso di distensione, ma è sempre prevalsa la pregiudiziale antifascista e la terribile frase "uccidere un fascista non è reato"».


Lei ha perso uno dei suoi migliori amici quel giorno.
«Francesco Ciavatta, con il quale avevo condiviso amicizia, ideali, militanza. Da quella circostanza ho avuto una pace interiore però, non ho mai avuto voglia di vendette né coltivato odio».


Come si vive sapendo che su quella strage non è stata mai fatta giustizia?
«Ho pensato e sperato sempre che la verità emergesse. Sarebbe bello, a distanza di tanti anni e dopo che gli odi sono scemati, che venisse fuori. Non per mandare in galera qualcuno, ma per conoscere la verità. Non solo su Acca Larenzia».


Lei ha deciso di continuare a fare politica.
«Ho continuato con la coscienza di voler cambiare le cose vivendo la realtà non rimanendo sulla nuvoletta. In un primo periodo l’ho vissuta molto marginalmente, poi quando è emersa la peggiore politica, la corruzione, mi sono chiesto: perché la parte migliore del Paese sta in stand-by? Perché non rimettersi in gioco e cercare di cambiare? Mi sono sentito in dovere di farlo pure per rispetto dei ragazzi di Acca Larenzia».


Come ha deciso di trascorrere questo 7 gennaio?
«Abbiamo pensato di celebrare una messa per ricordare in silenzio. Meditare per immergersi in quel momento avvenuto trentotto anni fa: è il modo giusto per onorare quei ragazzi. Sono tre anni che, personalmente, non vado ad Acca Larenzia proprio perché non ho condiviso che ci siano gruppi che si arrogano il diritto di rivendicare il ricordo. Il ricordo è di una comunità intera per i messaggi positivi che da questa sono giunti. Il ricordo di ragazzi che avrebbero voluto vivere come noi e oggi non ci sono più».
 
 
ARTICOLO ORIGINALE:
 
 
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7 GENNAIO 2017 - ore 11:00 - LA COMUNITA' DI AVANGUARDIA CHIAMERA' IL "PRESENTE" A ROMA AL VERANO

UN PRESEPE CHE CI PIACE

Una Natività 'come se fosse'...
 
 
Ci sono il Conte Raffaello Mascetti, il Perozzi e il Necchi. Ma anche il
vigile interpretato da Enio Drovandi e Renato Cecchetto nelle vesti di Augusto Verdirame, oltre all'immancabile Birillo.
 
 
 
È un presepe molto particolare quello ideato dai fan di "Amici Miei", la saga cult firmata Mario Monicelli. "Una natività 'come se fosse'...in un film": questo il titolo scelto per la rappresentazione ideata da Riccardo, che gestisce la pagina Facebook 'Conte Raffaello Lello Mascetti' e che a novembre scorso ha organizzato a Firenze il primo raduno dei fan della saga.
 La scenografia del presepe e le case, comprese la capanna con ambiente unico alla giapponese e il mitico Bar Necchi, sono state realizzate a mano da Ignazio Rodi. Ai personaggi ha invece pensato Paola Cappelli.
 
 
 
 
"È una rappresentazione che vuole essere un omaggio al film e ai grandi attori che ne fecero parte - spiega Riccardo - ma allo stesso tempo vuole ricordare in modo scherzoso e goliardico il vero senso del Natale: la nascita di Gesù".
 
TRATTO DA:
 
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30 DICEMBRE 2006: IL LEONE DI BAGDAD

LE ULTIME PAROLE PROFETICHE: "Iracheni, restate uniti. Vi metto in guardia, non date loro fiducia, questa gente è pericolosa"
 
 
Riportiamo interamente l'interessante articolo scritto dieci anni fa dal sito : http://comedonchisciotte.org/30-dicembre-2006-un-giorno-di-infamia/
 
 
 
  30 DICEMBRE 2006: UN GIORNO DI INFAMIA
 
DI GABRIELE ZAMPARINI
The Cat’s Blog
Il 30 Dicembre 2006 sarà ricordato come un giorno di infamia. Violando il diritto internazionale e la decenza umana, il governo quisling dell’Iraq occupato, un regime fantoccio e settario instaurato dall’occupazione statunitense e sostenuto dall’Iran, ha assassinato il legittimo Presidente della Repubblica dell’Iraq, Saddam Hussein.
E’ stato riportato che dopo l’esecuzione gli assassini hanno gridato: “Lunga vita a Muqtada, lunga vita a Muqtada” [Moqtada Al-Sadr].
E’ stato riportato anche che Saddam Hussein ha subito torture prima della sua esecuzione e che il suo corpo è stato mutilato dopo. Un’altra fonte ci dice: “Il video non mostra sangue sulla faccia e sul corpo di Saddam, ma la TV ha trasmesso un video dove il corpo mostra sangue, ferite e lividi sulla faccia”.Sull’apocalisse irachena, Riverbend ha recentemente scritto: “Di nuovo, non posso che chiedermi perché è stato fatto tutto questo? Perché distruggere l’Iraq fino al punto in cui fosse irreparabile? L’Iran sembra essere l’unico ad averci guadagnato. La loro presenza in Iraq è così ben istituita: criticare un imam o un ayatollah equivale al suicidio. La situazione è uscita dai piani degli Stati Uniti fino ad essere irrecuperabile? O era tutto parte del piano? I miei mal di testa pongono le domande”.
Il professor As’ad Abdul Rahman, presidente della Enciclopedia Palestinese, ha osservato: “Oggi, tre anni e mezzo dopo la disavventura irachena, l’esercito degli Stati Uniti non è la potenza decisiva lì. Nell’Iraq meridionale, è praticamente l’Iran che mantiene il controllo, e le varie milizie sciite ricevono semplicemente le istruzioni da Tehran”.
Dopo aver redatto undici brevi note sul linciaggio di Saddam Hussein [vedi appendice], il 19 dicembre 2006, il giorno prima dell’omicidio, ho scritto, “Voglio dedicare il seguente testo di Layla Anwar, una donna irachena, al grottesco movimento pacifista occidentale e ai suoi influenti intellettuali, il cui vergognoso silenzio sul linciaggio di Saddam Hussein sarà ricordato come una delle più disgraziate pagine nella storia dell’infamia”.
Comprendere il silenzio di quelli che avrebbero dovuto essere i primi, nell’Occidente, a denunciare l’oltraggioso linciaggio richiede la decostruzione del clima di propaganda e menzogna in cui siamo immersi. Ovviamente la ragione per questo vergognoso silenzio non può essere trovata nella storia del regime di Saddam Hussein e dei suoi presunti crimini. Nessuno ha chiesto o si aspetterebbe dal movimento pacifista e dai suoi intellettuali di schierarsi con Saddam Hussein e il suo regime. Questo non era richiesto per denunciare l’oltraggioso linciaggio che avrebbe potuto avere luogo, dobbiamo ricordarlo, solo a causa dell’illegale invasione ed occupazione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati. Quindi, perché questo assordante silenzio?
E perché alcuni quadri della sinistra occidentale e del suo apparato nel movimento pacifista hanno stabilito una relazione speciale con il regime reazionario di Teheran e il governo quisling di Baghdad, o una parte di esso, come il movimento di Moqtada al-Sadr e la sua milizia, l’Esercito Mahdi, responsabile di enormi crimini contro l’umanità in Iraq? Forse che questo vergognoso silenzio è un altro segno della legittimazione del governo fantoccio iracheno? Significa forse che il supremo crimine internazionale, l’illegale invasione ed occupazione dell’Iraq, e i suoi effetti sono ora stati accettati? E perché la resistenza irachena a questa illegale invasione ed occupazione non è mai stata riconosciuta come tale, e ancor meno sostenuta, dal movimento pacifista occidentale che si riempie la bocca di parole come “pace” e “giustizia”?
Dopo l’iniziale silenzio sulla vera entità degli orrori in Iraq, quando le stime dello Iraq Body Count erano usate persino dal movimento pacifista nonostante l’apocalisse fosse già nota e dopo il perdurante silenzio sulla responsabilità delle milizie settarie nella strage e nella pulizia etnica, quest’altro silenzio sul linciaggio di Saddam Hussein solleva ancora una volta delle domande fondamentali sul ruolo della Sinistra occidentale e del movimento pacifista e costringe tutti noi ad una spiacevole ma onesta e necessaria riflessione. Se un mondo migliore è possibile, esso inizia qui.
Gabriele Zamparini
Fonte: http://www.thecatsdream.com/blog/
Link: http://www.thecatsdream.com/blog/2006/12/30-december-2006-day-of-infamy.htm
31.12.2006
APPENDICE: LINCIANDO SADDAM
LINCIANDO SADDAM (PARTI I-IV)
LINCIANDO SADDAM (PARTI V-VIII)
LINCIANDO SADDAM (PARTE IX) – “DETENZIONE ARBITRARIA”

Posso ancora udire l’eco delle parole proferite dal direttore esecutivo di Human Rights Watch, Kenneth Roth:
“Ci si può solo rallegrare della cattura di Saddam Hussein. Poche persone meritano maggiormente un processo e una condanna. Le forze Usa meritano un riconoscimento per avere arrestato il dittatore deposto, così che i suoi crimini possano essere presentati e condannati in un’aula di giustizia, piuttosto che averlo ucciso in combattimento”.
La scorsa estate, come nota ad un pezzo sul ruolo della cosiddetta comunità internazionale, ho scritto che Saddam Hussein è:
“un capo di stato RAPITO da una potenza straniera mentre questa commetteva un crimine contro la pace, la guerra di aggressione contro l’Iraq. Egli è ora tenuto in OSTAGGIO da quella potenza straniera insieme all’illegittimo cosiddetto “governo” iracheno”.
Solo pochi giorni fa, la AFP ha riportato:
Un gruppo di lavoro del Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite ha detto di percepire il processo a Saddam Hussein tanto manchevole di standard internazionali che la sua detenzione era “arbitraria”, e come tale la sentenza di morte non dovrebbe essere eseguita. “La non-osservanza di rilevanti standard internazionali durante il processo di Hussein è stata di tale gravità da conferire alla privazione di libertà di Hussein un carattere arbitrario”, ha detto giovedì il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria del Consiglio.
Ma poiché la Società Insana continua a paralizzare i nostri cervelli, la AFP continua:
Comunque, il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria ha sottolineato che non stava chiedendo il rilascio di Saddam Hussein
Gabriele Zamparini
Fonte: http://www.thecatsdream.com
Link: http://www.thecatsdream.com/blog/2006/12/lynching-saddam-part-9-arbitrary.htm
06.12.2006
LINCIANDO SADDAM (PARTE X) – VIRTU’, TERRORE E LA SCHIZOFRENIA ASSETTATA DI SANGUE DELL’OPINIONE PUBBLICA OCCIDENTALE

Il noto processo di Kafka è finito; il bordello di Baghdad ha spento le luci. Il Presidente Saddam Hussein sarà assassinato entro 30 giorni, con l’usurpatore Nuri al-Maliki che si appella perché l’omicidio abbia luogo prima che l’anno finisca.
Secondo un recente studio dello Institut Novatris/Harris per France 24 l’opinione pubblica occidentale sostiene la pena di morte contro Saddam Hussein come segue:
Usa: 82%
Regno Unito: 69%
Francia: 58%
Germania: 53%
Spagna: 51%
Italia: 46%
Mentre la maggior parte dei Nostri Patrioti non sarebbe in grado di localizzare l’Iraq su una mappa del mondo, non è un segreto che sia stato insegnato loro ad amare il barbecue di persone (minoranze etniche e povere) sulla sedia elettrica o l’avvelenamento delle stesse; meglio ancora se qualcosa “va male” facendo durare più a lungo lo show e rendendolo più appettibile ad un’audience che considera ancora il linciaggio come legge nazionale. Nelle colonie europee stiamo imparando in fretta; dateci ancora qualche anno e lo Zio Sam sarà orgoglioso di noi!
Probabilmente troppo impegnati nel Santo Shopping prima di Natale, e dopo aver subito un lavaggio del cervello da parte di disciplinati professionisti della propaganda, i quali controllano i pensieri nel Paese delle Meraviglie, Noi, il popolo, dovremmo riflettere su quanto segue:
a) Nel 2003 l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati uniti ha violato il diritto internazionale e l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan l’ha chiamata “un atto illegale che ha contravvenuto alla carta delle Nazioni Unite”, il “supremo crimine internazionale” secondo i processi di Norimberga;
b) A partire da marzo 2003, l’Iraq è un paese occupato e il cosiddetto processo politico è stato imposto dalle forze di occupazione contro il diritto internazionale;
c) Il cosiddetto governo iracheno è un governo quisling, instaurato da forze di occupazione, che sta eseguendo gli ordini dei suoi padroni;
d) L’invasione dell’Iraq, quel “atto illegale che ha contravvenuto alla carta delle Nazioni Unite” ha causato la morte di circa un milione di esseri umani in meno di quattro anni e la distruzione completa di un paese sovrano;
e) Solo poche settimane fa il Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite ha detto che “la non-osservanza di rilevanti standard internazionali durante il processo di Hussein è stata di tale gravità da conferire alla privazione di libertà di Hussein un carattere arbitrario”.

Secondo lo stesso studio dello Institut Novatris/Harris, l’opinione pubblica occidentale sostiene il ritiro dall’Iraq delle truppe della coalizione guidata dagli Stati Uniti come segue:
Francia: 90 %
Spagna: 84 %
Regno Unito: 83 %
Germania: 82 %
Italia: 73 %
Stati Uniti: 66 %

Ci si chiede perché così tante persone vogliano il ritiro dall’Iraq delle truppe di coalizione guidate dagli Stati Uniti quando allo stesso tempo sostengono l’omicidio del legittimo presidente dell’Iraq. La contraddizione può essere trovata in molta parte del movimento pacifista occidentale, dove gruppi, think-tank e influenti intellettuali si sono fortemente opposti all’invasione e all’occupazione dell’Iraq ma sono sempre rimasti silenti sulla prima conseguenza politica dell’invasione, quando non l’hanno sostenuta e hanno plauso alla caduta del regime di Saddam Hussein. Non si deve essere un sostenitore del partito iracheno Baath o del regime di Saddam Hussein per sostenere il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite.
Mentre la posizione politica di quelli Iracheni che si opposero al regime di Saddam Hussein e lasciarono il paese per ragioni politiche deve essere rispettata e la loro voce udita e presa nella più seria considerazione, il movimento pacifista deve ricordare che il governo di Saddam Hussein non è stato spodestato da una sollevazione popolare o da un colpo di stato politico. Il 20 marzo 2003, il giorno di quel “atto illegale che ha contravvenuto alla carta delle Nazioni Unite” da parte della “coalizione dei volenterosi” guidata dagli Stati Uniti, Saddam Hussein era il legittimo presidente dell’Iraq e il suo governo il legittimo governo dall’Iraq. Questa non è un’opinione o una posizione politica, ma un dato di fatto, una semplice osservazione dello status quo ante bellum. Opporsi al “supremo crimine internazionale” che è costato la vita di circa un milione di esseri umani significa sostenere il diritto internazionale e chiederne il ripristino. Le diverse, rispettabili e legittime opinioni politiche motivate dal giudizio politico su Saddam Hussein non devono prendere il luogo del diritto internazionale, perché una tale posizione legittimerebbe il “supremo crimine internazionale”, quel “atto che ha contravvenuto alla carta delle Nazioni Unite” a cui noi vogliamo opporci. Riconoscere il cosiddetto governo iracheno e il cosiddetto processo politico significa legittimare l’invasione e l’occupazione dell’Iraq ed aprire la porta ad ulteriori “supremi crimini internazionali” nel futuro.
Il sacrosanto ritiro delle truppe di coalizione guidate dagli Stati Uniti deve essere la conseguenza del ripristino del diritto internazionale allo status quo ante bellum, mentre il futuro dell’Iraq deve essere lasciato al suo popolo. Qualunque altra cosa sarebbe un tradimento di quei principi di pace, giustizia ed auto-determinazione che affermiamo di sostenere.
Uccidere Saddam Hussein, il legittimo presidente dell’Iraq, sarebbe la vera chiave di volta; dopo non ci sarà più un paese chiamato Iraq. Come può il movimento pacifista essere così tragicamente cieco?
Gabriele Zamparini
Fonte: http://www.thecatsdream.com
Link: http://www.thecatsdream.com/blog/2006/12/lynching-saddam-part-10-virtue-terror.htm
26.12.2006
LINCIANDO SADDAM (PARTE XI) – JUAN COLE E IL CANTO DELL’AVVOLTOIO

Il Natale è finito e i canti natalizi sono stati sostituiti dalla canzone dell’avvoltoio.
Juan Cole, “esperto” del Medio Oriente e uno dei più grandi eroi del movimento pacifista imperiale, ha scritto sul suo Informed Comment:
Saddam Hussein, condannato a morte e senza ulteriori appelli da giocare, sta cercando di trasformare la sua morte in un “sacrificio” per la nazione irachena. Nell’aprile 2003 Saddam era universalmente vituperato, ma ora il paese è in un tale orribile stato che alcuni arabi sunniti vedono Saddam come un simbolo della nazione irachena unita. Saddam, comunque, ha parlato nel suo tipico modo razzista sulla necessità di combattere “gli invasori e i Persiani”, secondo al-Hayat, in arabo (ossia gli Americani e gli Sciiti). Il portavoce del movimento di Sadr ha chiesto che egli sia giustiziato all’alba del Giorno del Sacrificio (Eid al-Adha) — ossia questa settimana. [enfasi aggiunta]

Dopo aver indottrinato i suoi lettori [“Saddam, comunque, ha parlato nel suo tipico modo razzista…”] Juan Cole traduce le parole di Hussein “invasori e i Persiani” con “gli Americani e gli Sciiti”.
Secondo Juan Cole, Saddam Hussein avrebbe fatto considerazioni “razziste” contro gli Sciiti dell’Iraq e – a causa della situazione sul campo in Iraq – si sarebbe appellato alla violenza settaria.
Nonostante il suo strumento propagandistico [“Saddam, comunque, ha parlato nel suo tipico modo razzista…”] Juan Cole ovviamente sa perfettamente bene che Saddam Hussein si è sempre appellato a tutti gli Iracheni per l’unità e contro la violenza settaria. [Solo per menzionare due volte tra le più recenti: leggete qui e qui. Ecco come il giornale britannico Guardian ha riportata la stessa lettera di Saddam Hussein:
“I nemici del nostro paese, gli invasori e i persiani, hanno scoperto che la vostra unità è una barriera tra voi e coloro che oggi vi governano. Perciò essi hanno cercato di inserire l’infame cuneo tra voi. Restate uniti. Avete conosciuto il vostro fratello e leader come conoscete la vostra stessa famiglia. Sapete che non si è mai piegato ai despoti e, in sintonia con il desiderio di coloro che lo amavano, è rimasto una spada e una bandiera. Grande popolo, ti chiedo di preservare i valori che ti permisero di degnamente operare nella tua fede e di restare un faro di civiltà. La tua unità ti preserva dalla servitù.
Ti chiedo di non odiare, perché l’odio non ti permette di essere equo, ti acceca e chiude tutte le porte al pensiero, impedisce il ragionamento equilibrato e la scelta giusta. Ti chiedo anche di non odiare i popoli dei paesi che ci hanno aggredito e di vedere la differenza tra il popolo e coloro che prendono le decisioni, Chiunque si penta, in Iraq o fuori, deve essere perdonato. Dovete sapere che tra gli aggressori v’è gente che sostiene la vostra lotta contro l’invasore, alcuni si offrirono volontari alla difesa legale dei prigionieri, compreso Saddam Hussein.
Coraggiosi e sacri Iracheni dell’eroica Resistenza, figli di una sola nazione, dirigete le vostre ostilità contro l’invasore. Non permettete che vi dividano. Popolo fedele, ti dico addio… Viva la nostra nazione, viva il nostro grande popolo combattente, viva l’Iraq, viva l’Iraq, Viva la Palestina, viva la guerra di liberazione e i suoi combattenti.

[Traduzione della lettera a cura di Fulvio Grimaldi, si veda il suo “QUESTI SONO PEGGIO (2)”, ndt]
Non ci sono dubbi sul significato delle parole di Saddam Hussein, tanto che il Guardian ha intitolato il suo pezzo: Il messaggio finale di Saddam esorta gli Iracheni ad unirsi contro gli Stati Uniti
I “Persiani” nella lettera di Saddam Hussein non sono ovviamente gli Sciiti, ma gli Iraniani che hanno aiutato gli Stati Uniti fin dal principio nella loro distruzione dell’Iraq.
Ancora una volta Juan Cole travisa e manipola fatti e parole per sostenere la sua agenda politica. E il movimento pacifista imperiale continua ad applaudire…
Gabriele Zamparini
Fonte: http://www.thecatsdream.com/
Link: http://www.thecatsdream.com/blog/2006/12/lynching-saddam-part-11-juan-cole-and_28.htm
28.12.2006
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da CARLO MARTINI

mercoledì 28 dicembre 2016

ERDOGAN ACCUSA: "GLI USA AIUTANO L' ISIS"

Il presidente turco accusa: ho foto e video
 
 
Erdogan accusa: ho le prove, gli Stati Uniti aiutano l'Isis
 
Il presidente turco accusa: ho foto e video che provano il sostegno allo Stato Islamico da parte delle forze della coalizione guidata da Washington in Siria
di Marcello Bussi
 
"Ho le prove che la coalizione guidata dagli Stati Uniti in Siria aiuta gruppi terroristici come l'Isis". Lo ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. "Ci accusano di aiutare lo Stato Islamico", ha affermato, "Ma invece sono loro a dare sostegno a gruppi terroristici compresi i Daesh" (così viene chiamato lo Stato Islamico nel mondo arabo e in Turchia). E' molto chiaro. Abbiamo le prove, con immagini, foto e video".
L'uscita di Erdogan è clamorosa e gravida di conseguenze. La situazione in Turchia è a dir poco confusa. La scorsa settimana il mondo è rimasto senza fiato nel vedere le immagini del poliziotto turco che uccideva l'ambasciatore russo Andrei Karlov per vendicarsi della riconquista di Aleppo da parte dell'esercito siriano fedele al presidente Bashar Assad aiutato dalle forze armate di Mosca. Negli ultimi tempi c'è stato un clamoroso avvicinamento fra la Turchia e la Russia. Uno sviluppo non sorprendente, visto che Erdogan è convinto che il fallito tentativo di colpo di Stato ai suoi danni dello scorso 15 luglio sia stato opera del predicatore musulmano Fethullah Gulen, suo ex alleato che da anni è riparato negli Stati Uniti.
Erdogan è stato più volte accusato di finanziare l'Isis tramite il contrabbando di petrolio estratto dalle aree occupate dallo Stato Islamico, un traffico che vedrebbe coinvolto in prima persona il figlio dello stesso presidente turco, Bilal. In quanto agli Stati Uniti, il presidente eletto Donald Trump durante la campagna elettorale ha più volte accusato la sua concorrente democratica, Hillary Clinton, di avere aiutato l'Isis quando era segretario di Stato. L'uscita di Erdogan potrebbe essere interpretata anche come un tentativo di ingraziarsi Trump. Quando si parla di cose turche ogni interpretazione è possibile. Di certo le parole di Erdogan avranno delle conseguenze.
 
 
TRATTO DA:
 

martedì 27 dicembre 2016

IN RICORDO DI ANGELO PISTOLESI

Oggi, 28 dicembre ricorre il 39º  anniversario dell' uccisione
(1977) di  Angelo Pistolesi.



 
Giovane lavoratore e padre di famiglia , era dirigente  della sezione  del MSI-DN dei  quartieri della Magliana e del Portuense della cittá di Roma. Alle prime ore del mattino , all’uscita di  casa  , mentre si recava al lavoro veniva  assassinato  con armi da fuoco  da terroristi comunisti che ne rivendicavano l’omicidio attraverso un comunicato alla stampa. Un nuovo  fatto di sangue rattristava la societá civile.  I responsabili non vennero mai scoperti , per essere assicurati alla giustizia, destando tra i suoi  familiari ed amici  logiche  incomprensioni ed anche  ombre di sospetto  sull’operato delle forze dell’ordine  incaricate delle indagini.  Durante gli anni della tensione  molte centinaia  di italiani  ( tra   assassinati ,  feriti e  invalidi a conseguenza della violenza ) caddero  vittime  della furia omicida scatenata dalle bande marxiste che agivano indisturbate  in tutto il Paese seminando  ovunque lutti  e terrore .  La comunitá nazionale  nel  ricordare Angelo Pistolesi  celebra anche  la memoria di   tutti  i caduti per la libertá d’Italia .   In questo modo  si intende tramandare  alla posterioritá il messaggio  dell´ impegno civile e sociale per la grandezza della Patria  che fu l’ideario militante  del giovane  sacrificato.   Ricordiamo Angelo tra i martiri della Storia d’Italia.
                ANGELO  PISTOLESI :  PRESENTE !              
 VERITA’, GIUSTIZIA, MEMORIA
 

Mancavano pochi giorni al voto per le elezioni politiche del 1976, quando, la sera del 25 maggio, a Latina, pochi chilometri dalla Capitale, si tenne una cena elettorale nei locali del ristorante “Il Gallo d’oro” di alcuni militanti del Movimento Sociale Italiano. Ospite d’onore, il candidato, l’onorevole Sandro Saccucci, in corsa per la rielezione in una circoscrizione, la Roma-Viterbo-Frosinone-Latina, a rischio da una micidiale concorrenza interna. Ex militante della Giovane Italia, paracadutista e deputato, carattere sanguigno e fame di leader carismatico.
Organizzare un tour elettorale con la chiusura, della campagna propagandistica, a Sezze Romano, un paese, non a caso, dove alle ultime elezioni, il Partito Comunista Italiano, aveva raggiunto, da solo, il 54 per cento dei voti. Il pomeriggio del 27 maggio 1976, una carovana di macchine, partì dalla Capitale in direzione Latina. A guidare l’Alfa dell’onorevole Sandro Saccucci, il suo braccio destro, Angelo Pistolesi, in un’altra Gabriele Pirone e Pietro Allatta, nelle altre macchine, Miro Renzaglia e Franco Anselmi. La prima tappa del giro, nella tranquilla cittadina di Maenza, il comizio si svolse senza nessun incidente. Arrivati alle cinque del pomeriggio, i militanti missini si disposero intorno al palco e iniziarono a distribuire materiale di propaganda. Un’ora e mezza dopo già erano diretti verso Rocca Gorga. Anche lì non successe niente di rilevante. Quando arrivarono a Sezze Romano era quasi buio.
Il palchetto del comizio era montato in un piazzetta secondaria, nella parte vecchia e alta del paese. Si accedeva dopo aver percorso una serie di vicoli in cui le automobili passavano a stento. Chiusa per tre lati dal perimetro esterno di vecchi palazzi, il quarto era una via che si imbottigliava. Una trappola per topi. Il clima era già rovente e in piazza la platea era esattamente divisa in due. Da una parte, i missini, che subito si impossessarono della piazza cantando “Giovinezza” e Roma divina” con saluti romani. Dall’altra, i militanti di Lotta Continua della Federazione Giovanile Comunista, cantando “Bandiera rossa” e “Internazionale”. Iniziato il comizio, l’aria si fece pesante, non appena l’onorevole Saccucci, pronunciò la frase che la colpa delle stragi era da attribuire alla sinistra extraparlamentare, sul palco arrivò di tutto. Un fitto lancio di bottiglie, sassi e bastoni. I missini fecero cordone e risposero, ma quando si trovarono spalle al muro, Sandro Saccucci impugnò la pistola, braccio quasi in verticale, fece fuoco.
Le esplosioni crearono le distanze necessarie per raggiungere le macchine e guadagnare una possibilità di fuga. I militanti di Lotta Continua, conoscendo perfettamente il territorio, cercarono di bloccare l’uscita del paese. Le prime macchine passarono senza nemmeno accorgersi dell’agguato che era stato predisposto. Ma una delle ultime, una Simca verde, guidata da Pietro Allatta, si fermò. Tre colpi di pistola, calibro 7.65. Sul selciato caddero due giovani, Antonio Spirito, 21 anni, ferito a una gamba, e Luigi De Rosa, 19 anni, colpito gravemente all’addome. Morì nel giro di pochi minuti mentre veniva trasportato in ospedale. Intanto, i missini arrivarono nella locale Federazione di Latina e in ordine sparso, partirono subito per Roma. Ma appena fuori Latina, la Polizia bloccò alcune macchine. In Questura, interrogatori e guanti di paraffina. Renzaglia, Pirone e Pistolesi furono subito prosciolti dall’accusa.
Il 1° giugno, il segretario del Movimento Sociale Italiano, Giorgio Almirante, annunciò, Sandro Saccucci decaduto dall’iscrizione al partito. Il 5 giugno Montecitorio deliberò l’autorizzazione a procedere per l’arresto di Pietro Allatta e Sandro Saccucci. Il primo, si rifugiò a Catania, arrestato e condannato in primo grado a tredici anni di reclusione per omicidio. Il secondo, invece, si rifugiò a Londra, arrestato e accompagnato alla frontiera francese per l’estradizione. Ma inspiegabilmente, Sandro Saccucci, riuscì a fuggire trovando riparo in Argentina. Inseguito da un mandato di cattura internazionale, l’ex militante missino, fu condannato a dodici anni di reclusione per concorso morale in omicidio e tentato omicidio. Non metterà più piede sul suolo italiano.
Restava di fatto che l’uomo di fiducia dell’onorevole Saccucci, aveva partecipato e assistito in prima persona a tutti gli eventi cruciali. Angelo Pistolesi era al centro del mirino della sinistra extraparlamentare. Un anno e mezzo dopo, dopo tre giorni dal Santo Natale, il 28 dicembre del 1977, a Roma, in via Statella 7, a metà strada tra il quartiere Gianicolense e la Magliana, Angelo Pistolesi, 31 anni, come sempre, alle 8:15 del mattino, uscì di casa per andare al lavoro. Il suo maggiolone Volkswagen rosso aragosta era parcheggiato a pochi metri dal portone. Ad attenderlo un sicario a volto scoperto. Tre colpi di pistola in pieno petto e Angelo Pistolesi cadde esamine al suolo.

L’assassino, tolti i guanti e gettati nel cortile del condominio, fuggì su una vecchia Fiat 600, rubata a Monteverde il giorno prima, scomparendo nel nulla. Intanto, Angelo Pistolesi, fu caricato in auto da Franco Graziosi, fratello di un’agente di pubblica sicurezza, e trasportato d’urgenza all’ospedale San Camillo. Morì per emorragia. Uno dei tre colpi aveva perforato la colonna vertebrale e reciso l’aorta. Un lavoro preciso e pulito. Dopo poco una rivendicazione con la sigla “Nuovi Partigiani”. Sul luogo dell’agguato giunsero i primi militanti lasciando sulla strada fiori e inscenando una breve manifestazione. I funerali e la sepoltura si tennero in forma riservata per volontà dei familiari. Il segretario, Giorgio Almirante, diede disposizioni, alla Federazione e al Fronte della Gioventù di Roma, di evitare qualsiasi forma di partecipazione in segno di rispetto. Angelo Pistolesi, si era candidato nella lista missina al Campidoglio nell’elezioni del 1976, si era avvicinato al mondo della politica grazie ad alcuni amici in comune che frequentavano la sezione nel quartiere Portuense. Era diventato il fedelissimo dell’onorevole Saccucci e lavorava come impiegato presso una nota azienda di energia elettrica “Enel”, sposato e con figli.
Da un lato, l’opinione pubblica e testate giornalistiche, che diffamavano la giovane vittima e ipotizzando la matrice del delitto non a sinistra ma a destra. Dall’altro, la freddezza del Movimento Sociale Italiano che non aveva per niente dimenticato quello che era accaduto l’anno prima a Sezze Romano. Nonostante le indagini, da parte della Magistratura romana, l’omicidio Pistolesi non fu mai risolto. Niente tracce, niente indizi utili. Angelo Pistolesi fu punito per aver partecipato all’uccisione di De Rosa e cosa beffarda, quel comizio di chiusura, fu controproducente. Infatti, il Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale, passò dal 9.2 per cento del 1972 al deludente 6.6 per cento del 1976, da ventisei a quindici deputati. A Sezze Romano, invece, il Partito Comunista passò dal 54 per cento al 64 per cento e il partito di Almirante perse oltre due punti in percentuale.




ROMA QUARTIERE PORTUENSE
LUOGO DELL’ UCCISIONE 

IL LUOGO DELL' OMICIDIO

VISITA IL SITO
http://angelopistolesi.blogspot.it/
 

"L'OCCIDENTE HA PERSO LA GUERRA IN SIRIA"

 Lo ha riconosciuto l’ex capo di Stato Maggiore del Regno Unito
 
Evacuazione di Aleppo sotto sorveglianza siriana e russa
Evacuazione di Aleppo sotto sorveglianza siriana e russa
 

In alcune dichiarazioni rilasciate alla BBC, il generale Lord Richards ha dichiarato che l’Occidente deve riconoscere il suo fallimento nel conflitto in Siria.
“Il governo britannico deve riconoscere che Bashar Al-Assad continuerà a mantenere il potere”, ha segnalato.
Avendo diretto lo Stato Maggiore dell’Esercito Britannico tra il 2010 ed il 2013, il generale Lord Richards, interrogato circa una sua valutazione sul conflitto in Siria, ha continuato dicendo: “Mi dispiace molto dirlo, tuttavia bisogna riconoscere che abbiamo perso la guerra”. Questo perchè il Regno Unito (assieme agli USA ed alla Francia) è stato implicato in quella guerra.

“Questo non signjfica che dobbiamo anche perdere la pace a condizione però di mettere in marcia una strategia corretta. Nel 2013 e nel 2013, abbiamo perso l’occasione di rovesciare Bashar al-Assad perchè abbiamo voluto lanciarci in un nuovo intervento militare attraverso terzi” (i gruppi jihadisti armati ed addestrati dai servizi anglo USA).
“Attualmente i ribelli sono stati sbaragliati e c’è bisogno di riconoscere che abbiamo perso questa opportunità”.
Ex capo di Stato Maggiore GB, Lord Richardson
Ex capo di Stato Maggiore GB, Lord Richardson

“In quel tempo, io personalmente avevo consigliato i responsabili britannici di appoggiare Bashar al-Assad nel caso che loro non volessero lanciare una operazione per rovesciarlo.  Questo perchè pensavo che i risultati di una opposizione ad Assad sarebbero peggiori rispetto a qualsiasi altra cosa”, ha affermato il generale.
La guerra civile (?) sembra che sia ormai arrivata alla sua fine, ma al contrario la spaventosa situazione umanitaria andrà avanti per anni. Dopo l’aver affrontato questa situazione, l’Occidente dovrà affrontare lo Stato Islamico ed in terzo luogo focalizzare una strategia per “vincere la pace”.
Fonte: Standard.co.uk
Traduzione e sintesi: Manuel de Silva
 
TRATTO DA :
 

http://www.controinformazione.info/loccidente-ha-perso-la-guerra-in-siria-lo-ha-riconosciuto-lex-capo-di-stato-maggiore-del-regno-unito/

lunedì 26 dicembre 2016

NATALE ROSSO SANGUE - “PAPE SATAN, PAPE SATAN ALEPPO…”

Tributo all'ambasciatore russo ucciso ad Ankara
Tributo all'ambasciatore russo ucciso ad Ankara
 
Riepiloghiamo gli avvenimenti di questi ultimi giorni:
Un giovane poliziotto di 22 anni ha ucciso l’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, sparando contro di lui durante una mostra fotografica ad Ankara. L’attentatore è stato poi ucciso in un blitz della polizia turca. “Noi moriamo ad Aleppo, tu muori qui”. È questa una delle frasi che l’attentatore avrebbe urlato prima di sparare all’ambasciatore russo. L’uomo è stato identificato come un diplomato dell’accademia di polizia di nome Mert Altintas, di 22 anni.
L’omicidio dell’ambasciatore russo è “chiaramente una provocazionemirata a minare i rapporti russo-turchi e “il processo di pace in Siria promosso dalla Russia, dalla Turchia, dall’Iran e da altri paesi”, ha detto Vladimir Putin.

Altro scenario in Germania: sotto choc la gente a Berlino ed in tutto il paese. Un camion si è schiantato contro un affollato mercato di Natale a Berlino. Diversi morti, almeno 12, e circa 48 feriti.
Il camion ha invaso un marciapiede nei pressi della Chiesa del Ricordo.
“So che per noi tutti sarebbe particolarmente difficile da tollerare se si confermasse che a compiere questo atto e’ stata una persona che ha chiesto protezione e asilo in Germania”: lo ha detto la cancelliera Angela Merkel in una dichiarazione fatta a Berlino e trasmessa da varie tv.
Le autorità tedesche stanno attivamente ricercando un tunisino
di nome Anis Amri che risulta effettivamente coinvolto nell’attentato: un suo documento stranamente “dimenticato” nel camion dell’attentato. L’individuo risulta un pregiudicato arrivato in Germania dopo aver scontato un periodo di detenzione in Italia.
L’Isis avrebbe rivendicato l’attacco. La PMU, la coalizione delle milizie irachene che combattono il califfato, ha letto la rivendicazione su un canale online dell’Isis.
“Il crimine commesso contro i cittadini civili sconvolge per la sua crudeltà e il cinismo”: lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio di condoglianze inviato alla cancelliera Angela Merkel.
I due attentati, avvenuti quasi simultaneamente, sono legati tra loro e svolgono diversi compiti occulti. La situazione internazionale con il suo risiko geo-politico è in continuo mutamento e gioca a carte scoperte, spesso barando, ma sempre sulla pelle delle persone. Le continue tensioni tra leadership e governance partoriscono frutti amari, le renne della slitta di babbo natale sono lorde di sangue, un natale rosso sangue ed il buon vecchio barbuto non riesce più a stabilizzare la rotta del suo antico carro per il lungo viaggio invernale, ma per fortuna il suo abito è dello stesso colore.
Questa volta ha deragliato dentro un mercatino natalizio che lo rappresentava, nei pressi della Chiesa del Ricordo a Berlino, e non era la slitta celeste ma un camion nero gigante, segno dei tempi…
All’interno della parte vecchia della chiesa, precisamente nella base della torre rimasta come rovina, trova collocazione il Gedenkhalle (Memoriale), una sorta di museo della chiesa. Qui si trovano documenti storici della chiesa, alcuni dei mosaici contenuti nell’edificio, fra cui il “Mosaico degli Hohenzollern”, e una figura del Cristo di Hermann Schaper, che originariamente si trovava sull’altare maggiore, scampata ai bombardamenti.
Soprattutto vi si trovano i simboli della riconciliazione dei tre paesi che una volta erano nemici, ovvero una croce costruita con i chiodi ritrovati nelle ceneri delle rovine dell’antica cattedrale di Coventry (distrutta dai bombardamenti tedeschi), un’icona russa a forma di croce, dono del vescovo ortodosso di Volokolamsk e Yuryev, nonché la Madonna di Stalingrado, il disegno creato durante l’omonima battaglia dal sacerdote e medico militare tedesco Kurt Reuber.
In Turchia invece abbiamo assistito ad una performance da biennale, una rappresentazione macabra e dissacrante degna dell’artista Cattelan nella sala principale della Galleria di Ankara, dove era in corso una mostra fotografica. La guardia del corpo della security, come nei miglior film cospirazionisti di 007, si è trasformata in terrorista ed ha ucciso l’ambasciatore russo.
Caso volle che l’ambasciatore questa volta ha portato pena a se stesso, forse perché è stato ucciso proprio davanti ad una simpatica foto che ritraeva un cannone puntato sulla sua testa, quando si dice il fato…
I due episodi criminali avvenuti alle porte del Natale, hanno in comune l’aspetto della messa in scena filmica, sembrano diretti da un regista esperto, 2 scene dello stesso film, due location differenti ma intimamente legate, due diversi contesti apparenti, due percorsi che portano lontano verso gli stessi obiettivi che si prefiggono i suoi produttori.
Proverò ad analizzare cosa è successo in questi giorni.
Il primo macro-messaggio è rivolto contro il premier russo riguardo l’ingerenza e la permanenza in Siria, e di conseguenza contro all’asse PUTIN-TRUMP, ed avendo superato l’ultimo ostacolo dei Grandi Elettori in USA, è un monito al neo-presidente a seguire la stessa agenda internazionale precedente, senza troppe personalizzazioni che recherebbero danno e perdita di tempo per l’edificazione dell’opera globalista in atto.
Il secondo messaggio, che va nella stessa direzione di cui sopra, è quello di dividere l’asse turco-russo, creando precedenti, ricatti e moniti oscuri, nel caso gli intenti proseguissero nella stessa traiettoria inaugurata dai premier Erdogan e Putin, di minare i rapporti diplomatici tra i due paesi, quindi un’operazione contro l’asse euroasiatico.
Il terzo messaggio è contro la Merkel, contro la Germania, per una rinnovata supremazia USA, per quanto più isolazionista possa essere in futuro la politica del nuovo presidente americano, e contro l’asse iniziatico MERKEL-PUTIN, essendo entrambi nello stesso contenitore massonico della UR-LODGE GOLDEN EURASIA.
Non è un caso, come ricordavo precedentemente, che l’attentato di Berlino sia avvenuto nei pressi della Chiesa de Ricordo, simbolo di riconciliazione russo-germanico.
Lista dei più sanguinosi attentati terroristici di matrice islamica avvenuti in Europa negli ultimi anni (260mm x 70mm)
Lista dei più sanguinosi attentati terroristici di matrice islamica avvenuti in Europa negli ultimi anni (260mm x 70mm)

Ricapitolando…
Putin in questo processo viene isolato politicamente e ne viene indebolita l’immagine, viene frenato il suo interventismo in Siria contro lo Stato Islamico; sono altri attori che devono occuparsi delle questioni mediorientali.
Vengono resi innocui ed allineati anche i suoi alleati odierni, i turchi su un piano squisitamente più geopolitico e militare, e la Merkel, quindi la Germania, su di un piano massonico e di riflesso di supremazia economica, senza considerare gli attriti fisiologici già esistenti tra i tedeschi ed i russi.
Avvenuta celebrazione controiniziatica di Trump a nuovo leader del cosiddetto NWO, celebrazione che si completa con il controllo a vista della sua agenda politica, in particolar modo riguardo alla sua presunta alleanza con Putin, unica condizione possibile per regnare senza problemi ed interferenze cospirative del suo governo ombra.
Un giro di ruota per riordinare il parco giochi, grandi pulizie di fine anno…
Scenografia e capro sacrificale, la Siria ed Aleppo, terra di sangue, macerie e morti, soprattutto tra i civili…
E allora vi saluto ricordandovi cosa scrisse il buon Dante all’inizio del VII canto dell’Inferno:
“Pape Satàn, pape Satàn aleppe”
Pubblicato da Maestro di Dietrologia
 
TRATTO DA :
 

MATER SEMPER CERTA, PATER NUMQUAM

AI QUESTURINI ROSSI DEL SISTEMA
Noter an ve caga adoss
 
 
Pubblicate pure tutte le "mappe" che volete.
Forse il vostro "studio" servirà a farvene una ragione. . .
FORSE
 
STA DI FATTO CHE NOI CI SIAMO
 
Per l'ennesima volta,
da bravi servi, non avete capito un cazzo
 
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"La galassia nera su Facebook

Gruppo di lavoro PATRIA su neofascismo e web
Fascismo ed estrema destra: una mappa. I primi risultati di uno studio sulla diffusione dell’estremismo “virtuale” e “reale”. 2700 pagine sul social network"
 
 
 
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NOTER AN VE CAGA ADOSS
Una risata vi seppellirà

domenica 25 dicembre 2016

SANTO STEFANO

BVON ONOMASTICO, COMANDANTE !
 
 
I MILITANTI AVANGUARDISTI DI TRIESTE, BERGAMO E CREMONA AUGURANO UN BUON ONOMASTICO
AL COMANDANTE STEFANO DELLE CHIAIE
 





Un pezzo di storia dimenticato: il "Natale di sangue" del 1920

A cura delle Redazioni di Cremona e Bergamo

 
La vigilia di Natale del 1920 il Generale Enrico Caviglia, fu incaricato di sgomberare la città d Fiume occupata dai legionari di Gabriele D’Annunzio. Il 12 novembre dello stesso anno era stato firmato il Trattato di Rapallo in cui l'Italia e il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni riconobbero consensualmente Fiume come stato libero e indipendente e stabilirono i propri confini (fissati esattamente allo spartiacque delle Alpi Giulie).
A distanza di pochi mesi dalla Grande Guerra, gli stessi uomini che avevano combattuto fianco a fianco nelle trincee contro gli austriaci si trovarono in schieramenti opposti. Da una parte i soldati del Regio Esercito dall’altra i legionari fiumani. Italiani contro italiani. Fu un’azione militare piuttosto breve che permise, però, di ribattezzare quell’episodio come “il Natale di sangue” del 1920. Fu lo stesso D’Annunzio a coniare questa espressione per indicare il lasso di tempo in cui infuriò l’impari lotta tra l’esercito e i legionari. La battaglia durò cinque giorni, morirono 22 legionari, 5 civili e diversi soldati del Regio Esercito. Nel gennaio successivo le truppe di Caviglia entrarono a Fiume senza riscontrare l’eccezionale ondata di entusiasmo che aveva accolto l’ingresso in città di D’Annunzio e dei legionari appena quindici mesi prima.
Che cosa ha rappresentato l’esperienza fiumana? Quale eredità ha lasciato dal punto di vista storico, politico e sociale? Anche a distanza di più di novanta anni non risulta facile o scontato dare una risposta soddisfacente ed “equilibrata”. Come spesso accade, un approccio strettamente storico può, senz’altro, aiutare nell’analisi di un fenomeno complesso e “impolverato” dagli anni trascorsi. Nel 1919 Gabriele D’Annunzio organizzò una spedizione di 2.600 legionari, partiti da Ronchi di Monfalcone, con l’intento di occupare la città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. A Fiume, occupata dalle truppe alleate, già nell'ottobre 1918 si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia, di cui fu nominato presidente Antonio Grossich. L’impresa non trovò nessuna resistenza ma anzi fu accolta con giubilo dalla popolazione.
Dopo la Pace di Parigi, infatti, le potenze vincitrici negarono l’italianità di Fiume e della Dalmazia, innescando l’idea della “vittoria mutilata” che alimentò il malcontento dei reduci e dei nazionalisti, oltre che il risentimento delle popolazioni di quelle terre. Gabriele D’Annunzio riuscì a interpretare questo specifico stato d’animo di una parte dell’opinione pubblica italiana. Una menzione d’onore nell’impresa di Fiume non può non andare, inevitabilmente, al poeta-guerriero. Senza di lui, è molto probabile che questa pagina di storia non  sarebbe mai stata scritta. Mentre in Italia infuriava lo scontro sociale, nel famoso "Biennio rosso", D’Annunzio con un colpo di mano d’altri tempi, alla testa di un manipolo di valorosi occupava una città che desiderava, semplicemente, vivere all’ombra del tricolore.
Quando si pensa a Fiume, a Gabriele D’Annunzio, alle terre irridenti dell’Istria e della Dalmazia il collegamento spontaneo e immediato al fascismo appare scontato. Mussolini e il fascismo ricevettero (o se ne appropriarono) in eredità molti aspetti dell’impresa che diverranno capisaldi del regime. Si va dal recupero del passato come mito (la romanità), ai saluti (“Eia Eia alalà!” e “A noi!”), passando per i motti rudi e incisivi. Senza dimenticare i discorsi quotidiani di Gabriele D’Annunzio dalla ringhiera del palazzo di governo che anticiparono i ben più noti discorsi del Duce dal balcone di Piazza Venezia, con cui entrambi i personaggi riuscirono a creare una sorta di legame mistico con la folla. Il fascismo, in sintesi, ripropose su larga scala molti elementi tipici dell’esperienza fiumana. Lo stesso D’Annunzio il 5 ottobre 1920 aderì al Fascio di Combattimento di Fiume. D’altro canto molti legionari saranno, in seguito, fermi oppositori del regime fascista, tra questi Alceste De Ambris, grande protagonista dell’impresa e ideatore della Carta del Carnaro che morirà esule in Francia nel 1934. Nicola Bombacci e Antonio Gramsci ebbero vari incontri con emissari dannunziani, esprimendo la loro attenzione alla causa fiumana, tuttavia la maggioranza dei dirigenti e dei militanti socialisti si mostrò, irrevocabilmente, ostile all’impresa.
Malgrado l’indubbio appoggio fascista all’impresa, l’occupazione fu tutt’altro che un’esperienza autoritaria. Per molti legionari Fiume rappresentò il rifiuto del reinserimento nella società civile dopo i duri anni della guerra e quindi una prosecuzione dell’esperienza bellica. Nonostante l’indiscussa matrice patriottica e nazionalista, l’impresa di Fiume ha rappresentato una contestazione globale al sistema. Un mix di stati d’animo, concezioni di vita, ideali e utopie. D’Annunzio definì Fiume “Città di vita”: una sorta di controsocietà sperimentale. Un clima di festa continua. Con tutta la cautela del caso, e sottolineando le dovute differenze, in molti riconoscono nell’impresa fiumana un 68’ anticipato di qualche decennio. E’ Hakim Bey, teorico della Taz (zone temporaneamente autonome) a scorgere nell’occupazione fiumana il primo modello di Taz. Cui seguiranno, a distanza di anni, il maggio francese, le rivolte urbane nell’Italia degli anni 70, le comuni contro-culturali americane e, più in generale, il situazionismo. Antimperialismo, ribellismo militante, libertà sessuale, pratica del nudismo, culto della beffa e un’originalità e una stravaganza, cercata e ostentata nelle pose fotografiche, nell’abbigliamento e quant’altro: Fiume fu anche questo.
Accanto alla straordinaria figura di Gabriele D’Annunzio si affiancarono altre importanti personalità che raggiunsero la città recando in dote la loro arte e loro cultura o , più semplicemente, le loro idee. Possiamo citare Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo, Mario Carli, esponente del futurismo più visionario e direttore del giornale “Testa di ferro” , Guglielmo Marconi, Arturo Toscanini, Giovanni Comissi che fondò con il pittoresco aviatore Guido Keller il gruppo Yoga (associazione di “spiriti liberi”, che si opponevano ai valori occidentali, al primato industriale e al dominio della ragione sugli istinti) e l’”uscocco” Guido Di Tanna.
A Fiume, nei mesi dell’occupazione dannunziana, accorsero persone da tutto il mondo, non solo dall’Italia (a testimonianza di uno spiccato carattere “cosmopolita”). Portarono la loro solidarietà all’impresa fiumana personaggi come il poeta ungherese Andor Garvay, il belga Leon Kochnitzky (che curò la politica estera della “Reggenza del Carnaro”), lo scrittore giapponese Harukichi Scimoi. Pare che durante il congresso della III Internazionale comunista, Lenin in persona, con ironia mista a provocazione, stupì i delegati sostenendo che l’Italia avesse un solo e autentico rivoluzionario: Gabriele D’Annunzio.
Si registrò anche un marcato protagonismo femminile. Non mancarono nell' esperienza fiumana donne come la pianista Luisa Baccara e Margherita Besozzi Keller che lanciò un manifesto delle donne fiumane invitandole a emanciparsi. Era facile incontrare per le vie della città ragazze e donne in divisa militaresca; come l’irrequieta Marchesa Incisa di Camerano, che scandalizzò con il suo comportamento il socialista Filippo Turati che espresse, in una lettera, il suo disappunto alla compagna Anna Kuliscioff.
Una citazione particolare va alla Carta del Carnaro che venne promulgata l'8 settembre 1920 a Fiume durante gli ultimi mesi dell'occupazione. Nella costituzione fiumana fu affermata la volontà di “far parte integrante dello Stato Italiano mediante esplicito atto d'annessione”. Essa riconobbe ” la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione”. Furono presenti anche rilevanti elementi di modernità che riguardarono la proprietà, i rapporti di lavoro, la condizione femminile, il decentramento amministrativo e l’istruzione pubblica.
Le cannonate dell’esercito regio e gli attacchi degli alpini e dei carabinieri costrinsero i legionari ad abbandonare Fiume. Gabriele d’Annunzio, ferito nell’assedio, il 20 gennaio 1920 rese omaggio ai caduti e partì dalla città tra le urla di disperazione dei fiumani, lasciandosi alle spalle un’esperienza storica tanto discussa quanto irripetibile.
Davide Scaglione
 
TRATTO DAL SITO
 
A cura delle Redazioni di Cremona e Bergamo

venerdì 23 dicembre 2016

BUON NATALE AI RAGAZZI IN CELLA

 
. . .  QUELLI CHE RIDONO NELLA SVENTURA
 
 
Un Camerata mi disse che quando sei lì,
una sola cartolina ricevuta ti riempie di gioia,
tanto da gurdarla per intere giornate.
Giunga il nostro Buon Natale
a chi sta patendo ingiustizia,
come è successo a tanti militanti di Avanguardia
La nostra "cartolina"
è la Poesia di Robert Brasillach
 
 
NATALE IN CELLA

 Cosa importa ai fanciulli del caso
Che li ha sbarrati dietro un chiavistello:
Natale non è per i fortunati,
Natale è per i maltrattati.
Ecco la notte: non è tardi,
Ma la campana squilla per loro.
Buon Natale ai ragazzi in cella,
Natale dei duri e dei ladri,
Di quelli per i quali la vita non fu dolce,
Della ragazza che batte il marciapiede,
Dei ragazzi che seguivano la scuola mal volentieri.
Essi ti conoscono come noi.
Natale dietro le sbarre,
Natale senza albero e senza allegria,
Natale senza fuoco e senza doni,
E’ quello del posto in cui siamo,
Dove gli altri hanno scontato le loro colpe
Sulla paglia dove altri hanno dormito.
I capi che abbandonano i loro ragazzi,
Quelli che scappano, i ricchi,
Bevono “secco” nei loro ricevimenti
In Baviera o in Austria.
Ma noi nelle nostre celle,
Siamo contro quelli che bevono.
Io ti accolgo, Natale di qui,
Buon Natale di un cattivo passato:
Tu sei il Natale dei proscritti,
Di quelli che ridono nella sventura,
Dei poveri diavoli traditi,
E dei giovani di buona razza.
Noi sappiamo che stasera fuori di qui
Gli amici e i cuori fedeli,
I ragazzi che mangiano al buio,
Malgrado il sonno, le loro prugne,
Pensano a quando ci rivedremo
E ci tendono le mani fraterne.
E per poter rivedere, o voi che siete fuori,
Il vero Natale della nostra infanzia,
E’ sufficiente fissare ancora,
Gli occhi sull’ombra dell’assenza
Per fugare la malasorte
E far rifiorire la speranza
 
Robert Brasillach
 
La Canzone
 

BUON NATALE UN CAZZO

PERCHE' NON C'E' NIENTE DA FESTEGGIARE . . .PERCHE' . . .
 
 
PERCHE'
 
perchè, da "esuli in patria"- quali siamo-
fa male vedere una Patria, un Popolo, che assiste alla sua eutanasia
senza colpo ferire, con la sola ansia
di non esser in grado di fare quei regali costosissimi che non puo' fare
 
con l'ansia di una rata di mutuo che fa fatica a pagare
 
con il lavoro perso,
 
che non riesci più a trovare,
 
perchè passati i 40 anni sei "vecchio"
 
perche' non sai l'inglese
 
perchè non ti piace "il lavoro in team "
 
perchè non hai doti di "problem solving"
 
 
MA ANCHE -E SOPRATTUTTO- PERCHE'
 
 ti lamenti . . .
 
ma vai a piangere di nascosto nel sottoscala
 
piuttosto che scatenare la tua rabbia nelle piazze . . .
 
perchè "chi te lo fa fare" ?!
 
. . . perchè l'apparire ha oramai sostituito l'Essere
 
 
Ma stian tranquille le "anime belle"
Domani gli "Auguri" al mondo degli uguali saran dovuti.
Questo lo faranno tutti.
 
Noi li faremo solo
agli Avanguardisti di Buona Volontà
 
 
 
 
 

IL NATALE IN GUERRA


RASSEGNA FOTOGRAFICA- SECONDA GUERRA MONDIALE
 
BuonNataleTheplaneisabomberSavoiaMarchet
Italiani:Albania 1940
 


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Italiani 1941
 
 
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Germany 
 

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Germans 1942
 
 
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German
 


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Eastern Front,1941
 
 
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Soviet Union



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Netherlands:Christmas on board the Dutch submarine O 19
 



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Dutch  
 
 
 
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French motorbike dispatcher in 1939
 
 


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French POWS at Stalag VIIA  Moosburg 1944 




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French
 
 
 


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France
 
 
 

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New Zealanders 1940
 
 
TheChristmasEve1943concertanddinnerdance
Australian:
Christmas Eve at the 'Boomerang Club', Australia House, London 1943

 
 

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UK
 

HMSMauritius_zps1c7f3745.jpg
British: On board HMS Mauritus

 
 
48-Child-hugging-Soldier-Father-Christma
Dicembre 1944