In ricordo di Francesco
“ Ciccio” Mangiameli
Soprannominato Ciccio, di origini palermitane, iniziò la sua militanza politica nelle organizzazioni giovanili del Movimento Sociale Italiano per poi aderire all’extraparlamentarismo di destra. Prima in Ordine Nuovo, Fronte Nazionale e poi in Terza Posizione. Laureato in Lettere e Filosofia, insegnò italiano in alcuni istituti di scuole superiori. Fondò il gruppo siciliano di Terza Posizione e entrò a far parte della Direzione Nazionale con funzioni di guida insieme a Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi e Giuseppe Dimitri.
Entrò in contatto con alcuni esponenti romani, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo terroristico nato dallo spontaneismo armato di estrema destra. Legame, tenuto, per il raggiungimento di un obiettivo. Far evadere, dalla casa circondariale Ucciardone di Palermo, un altro militante di Ordine Nuovo, Pierluigi Concutelli, condannato per l’omicidio del Giudice Vittorio Occorsio. Francesco Mangiameli cercò di dissuaderli e l’operazione, per altre vicissitudini, non fu portata a termine.
Altri tentativi, di reperire armi, fallirono, uno proprio per colpa di Francesco Mangiameli. Iniziò così una profonda diffidenza nei confronti del Camerata, pur rimanendo l’unico supporto e appoggio in Sicilia. Infatti, quando nel luglio del 1980, i fratelli Fioravanti affidarono nelle mani di Francesco Mangiameli il denaro necessario per rifinanziare l’evasione, i Nuclei Armati Rivoluzionari, maturarono la convinzione che Francesco Mangiameli fosse un traditore e che doveva essere punito. Il 10 settembre del 1980, il neofascista palermitano si recò a Roma, a Porta Pia. Con l’inganno, e senza accorgersi della trappola, fu portato nella pineta di Castelfusano e giustiziato con un colpo di pistola, beretta 7.65, alla nuca.
Il corpo, completamente spogliato, fu zavorrato e gettato nelle acque del lago di Tor de’ Cenci. Dopo due giorni il cadavere riaffiorò dalle acque e avvistato da alcuni passanti. Negli anni seguenti, alcuni pentiti, sostennero che l’intenzione dei Nuclei Armati Rivoluzionari fosse di uccidere anche la moglie e la figlia di soli sette anni. Forse Francesco Mangiameli sapeva troppo, forse era considerato un testimone troppo scomodo, ancora oggi non si è trovata una ragione credibile per quell’efferrato delitto.
IN PRIMA FILA FRANCESCO MANGIAMELI
Il 10 settembre 1980 (il 9 secondo altre ricostruzioni) vicino Roma veniva assassinato Francesco Mangiameli dirigente di Terza Posizione di trentuno anni .
Un delitto assurdo e demenziale consumato a tradimento da “fuoco amico”. Grave e pericoloso è il delirio di onnipotenza che coglie chi acquisisca all’improvviso la facoltà di decidere della vita o della morte altrui e non abbia la preparazione e la coscienza indispensabili per mantenersi padrone di sé e degli eventi.
Quella follia, determinata da un dissapore di qualche mese prima, dovuto ai più futili motivi del mondo, rappresentò l’azione più orrenda e disdicevole della banda Fioravanti (che rappresentarono una componente specifica dei Nar, sicuramente significativa, ma non I Nar che, in quanto tali, contrariamente a quanto sostengono presunti storici, degli autentici ciarlatani, non entrarono mai in guerra con Terza Posizione).
Consumato il delitto, gli sciagurati si resero conto di quanto fosse lordo e imbarazzante il loro misfatto e cercarono di rimuoverlo precipitosamente facendo sparire il corpo che gettarono in un lago con pesi da sub alle ascelle per non farlo riaffiorare. Ma riaffiorò ventiquattrore dopo.
A questo punto i suoi assassini, per timore di perdere la faccia e sopratutto la solidarietà per loro indispensabile nell’area, iniziarono a imbastire racconti diversi per giustificare l’omicidio del valoroso militante palermitano. Una serie di calunnie persino più imperdonabili dell’omicidio, perché cercare d’infangare l’onore delle proprie vittime per liberarsi del peso dei propri misfatti non rappresenta di certo un capolavoro esistenziale.
Il risultato fu un boomerang. Gli inquirenti si chiesero il perché di un delitto tanto misterioso e del tentativo, contrario agli usi dei Fioravanti, di far sparire il corpo invece di rivendicare l’omicidio.
Non capirono che gli assassini si erano vergognati del misfatto assurdo e così iniziarono a ipotizzare che avessero voluto eliminare un teste scomodo e presero ad elucubrare fino a perdersi nei labirinti e negli alambicchi dei gialli giudiziari.
Fu seguendo questi percorsi che iniziarono a costruire il teorema assurdo per il quale, alla fine, i coniugi Fioravanti furono condannati per la strage di Bologna. Questa sinistra nemesi finì però con il coinvolgere indirettamente anche una persona solare, innocente non solo della strage ma anche di quest’ineffabile assassinio: Luigi Ciavardini.
Ed ecco come e perché quell’infame tragedia di trent’anni fa finì con il rappresentare l’evento più infausto di tutta l’epoca.
Ancor oggi la vicenda è così imbarazzante che collettivamente l’area tende a rimuoverla mentre per sublimarla, per purificarla, è necessario rendere gli onori dovuti a colui che fu a lungo e senza posa un grande militante dngli anni più duri, Francesco Mangiameli, ucciso dall’imbecillità delinquenziale ma non per questo meno Caduto di tutti gli altri nostri angeli custodi .
Francesco Presente!
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