sabato 7 ottobre 2017

"NOI CONTINUEREMO LA NOSTRA BATTAGLIA" IL SOGNO RIVOLUZIONARIO DI CESARE PERRI

   
Innanzitutto le agitazioni – disse Cesare Perri – hanno chiaramente dimostrato che la gioventù è pronta a recepire i discorsi antisistema e questo si è visto a Valle Giulia […].
È un’intera generazione che si ribella contro il sistema […].
Risultati particolarmente importanti li abbiamo […] conseguiti nel nostro ambiente.
Nel giro di pochi giorni siamo riusciti a distruggere una mentalità passiva, avendo molto coraggio, anche in piazza.
Ma questa battaglia deve essere continuata.
Valle Giulia finirebbe per diventare un fatto negativo, se non gli diamo un seguito.
 Noi continueremo la nostra battaglia nel campo universitario




FONTE: http://storicamente.org/sessantotto-guerrieri
 
SALUTARE UN ESEMPIO, UN GRANDE UOMO
 COME CESARE PERRI
COL "PRESENTE" E' UN ATTO SACRALE
CON CUI SI OMAGGIANO GLI EROI E GLI UOMINI DEGNI
 
Facciam Tesoro, nella nostra pochezza, della Sua Grandezza.
Come scritto nelle parole sopra,
 Lui provò - con tutto Se Stesso -
a realizzare quel Sogno Rivoluzionario
che è nei nostri Cuori.
Cerchiamo di esser degni di Lui,
che al pari di Pochi Coraggiosi,
 provò l'impossibile
 
 

Cesare Perri.
L'omaggio di Avanguardia

Cesare Perri è andato oltre. A dare il triste annuncio, sulla sua pagina facebook,  è stato Vincenzo Nardulli, uno dei portavoce della comunità di Avanguardia di cui Perri è stato autorevole membro:
"Avanguardia Nazionale Riconosce l’impegno,  la saggezza , il valore , le capacita’ politiche indiscusse del camerata Cesare Perri, che per anni ha sacrificato se stesso, la sua professione, mettendo a rischio la sua vita e pagando col carcere e la latitanza la sua fede per un grande movimento rivoluzionario  che faceva e che fa tuttora  paura al sistema. 
 Onore a te Cesare sempre razionale, ponderato nel programmare e decidere nelle circostanze difficili e delicate, anche nel dire no con dispiacere.
      Gli amici di Avanguardia Nazionale hanno per te un solo saluto:
Presente!
       La Runica bandiera ti avvolga e ti renda gloria. 
   A Laura: siamo con te!"

I funerali si svolgeranno domenica pomeriggio, alle ore 16, alla Chiesa di S. Pio a Catanzaro.
Dopo aver partecipato alla fondazione nel 1960 di Avanguardia nazionale giovanile, dopo lo scioglimento del 1965, Cesare Perri fu tra i fondatori e presidente di Nuova Caravella, il movimento universitario romano che fu tra i protagonisti del '68 nero, dalla prima linea dello scontro con la polizia a Valle Giulia alla terribile giornata del 16 marzo in cui si infranse il sogno velleitario di un movimento unitario.
Nel 1970 Perri fu, col permesso di Stefano Delle Chiaie, tra i rifondatori di Avanguardia, insieme ad Adriano Tilgher e Guido Paglia, assumendosi l'onore e l'onere di essere tra i 4 dirigenti (con Delle Chiaie, Tilgher e Mingrone) che rivendicarono al processo la responsabilità di aver continuato a militare fino all'ultimo giorno nell'organizzazione alla sbarra.
 
 

CAMERATA CESARE PERRI, PRESENTE !

 
 
I FUNERALI OGGI 8 OTTOBRE ALLE ORE 16
CHIESA SAN PIO - CATANZARO

AVANGUARDIA ABBRUNA LE SUE BANDIERE
IL CAMERATA CESARE PERRI
É VOLATO IN QUELL'ANGOLO DI CIELO
 RISERVATO A TUTTI "NOI"
PRESENTE ! ! !

venerdì 6 ottobre 2017

IL DIGIUNO DEI FIGLI DI . . . PAPA'

 
Hanno il terrore.
Di dover andare un domani a lavorare.
Per quello che è iniziato il circo del digiuno - a staffetta- .
Perchè a quelli dei "diritti" e della "cittadinanza" non gli frega davvero,
un cavolo di niente.
Sanno che non li vuole più nessuno.
Sanno che sono finiti.
Per quello che serve loro dar la cittadinanza a chi
- per i 30 denari di giuda -
li potrebbe -un domani- votare.
Perchè serve lor che la "repubblicaantifascistanatadallaresistenza" continui ad esistere, col coretto "colorato" che canta "bella ciao".
Alla faccia di chi davvero soffre la fame . . .
Il circo dei figli di . . . continua .
Ma per poco
 
Redazione Blog Avanguardia Berghem

mercoledì 4 ottobre 2017

FIANO BUFFONE, FATTENE UNA RAGIONE

O VUOI ABBATTERE TUTTA BERGAMO ?
 
Bergamo - Torre autostrada Bergamo - Milano - 1927
 
 
Bergamo - Torre autostrada Bergamo - Milano (particolare) - 1927
 
 
Bergamo - Torre autostrada Bergamo
 
 
 
Bergamo - Monumento alla medaglia d'oro Antonio Locatelli
 
 
 
Bergamo - Medaglione nel quartiere Piacentiniano
 
 
 
Bergamo - Poste e Telegrafi
Arch. Mazzoni Angiolo - 1932-1934
 
 
 
Bergamo - Palazzo Poste e Telegrafi - particolare
 
 
 
Bergamo - Quartiere Piacentiniano - 1927
 
FONTE:
 
 
 
QUESTE SONO SOLO ALCUNE FOTOGRAFIE
DELLA CITTA' DI BERGAMO
VISITA IL SITO
 
 
 
... ma il monocigliato insiste
 

Fiano contro Gori: è scontro nel Pd sulla cittadinanza onoraria a Mussolini

Il promotore della legge contro la propaganda fascista: "Singolare mantenere il riconoscimento per un assassino". Ma il sindaco di Bergamo (e candidato governatore lombardo) non recede: "Resti come monito: cancellarla vuol dire non avere giusta distanza da fatti della storia". Anpi e Comunità ebraica insorgono
 
 
"Non mi piace per niente che ci siano ancora delle cittadinanze onorarie a Mussolini, che considero un assassino. Trovo singolare che si mantenga una cittadinanza onoraria per un assassino".  "La cittadinanza laciamola come monito, proporne la cancellazione è un errore che denuncia una mancanza della necessaria distanza dai fatti della storia". Da una parte Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd e "padre" del disegno di legge che punisce la propaganda fascista (già approvato alla Camera con 261 voti, ora passerà al Senato). Dall'altra Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e candidato dem alla presidenza della regione Lombardia.

Compagni di partito. Entrambi renziani. Ma profondamente divisi su un tema: la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Quella che il Comune di Bergamo - così come numerose altre città, qualcuna lo fece nel 1923 - conferì al duce nel '24 per celebrare il primo anno della "rivoluzione fascista" e l'anniversario dell'inizio della Grande Guerra. La cittadinanza fu un omaggio imposto ai sindaci dal Partito nazionale fascista. Da allora molti amministratori, per sensibilità personale e per accogliere la richiesta di associazioni partigiane e di ex deportati, l'hanno revocata. Altri no. Tra questi c'è Gori che, nonostante appelli, proteste e una raccolta firme dei cittadini, resta fermo sulla posizione assunta due anni fa quando l'Isrec (Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea) chiese all'amministrazione di cancellare l'onorificienza.

A favore della revoca, tra gli altri, il vicesindaco, Sergio Gandi, e il presidente della provincia di Bergamo, Matteo Rossi. L'argomento ha continuato a dividere. Adesso una sonora bocciatura alla linea Gori arriva da un autorevole esponente nazionale del Pd: Lele Fiano, il responsabile sicurezza del partito che negli ultimi mesi, da quando la sua legge è approdata alla Camera, ha subìto violenti attacchi da più parti, in primis dall'ultradestra. L'altra sera il deputato di origine ebraica (il padre Nedo Fiano è sopravvissuto alla deportazione nazista nel campo di concentramento di Auschwitz) era ospite a Bergamo a un incontro promosso dall'Anpi ("Crimine o ideologia? L'apologia del fascismo nella legge Fiano").  Su quali possano essere "le scelte e le opportunità per decidere di mantenere delle cose iscritte nella nostra storia", il deputato dem ha detto che "non le capisce". Ma - ha spiegato  - "considero questa cittadinanza qualcosa di non confacente con la storia". Al netto di appelli, proteste e contestazioni, dal 2015 il sindaco Gori, in corsa alle elezioni regionali lombarde, ha sempre tirato dritto. "Cancellare un fatto politico ormai consolidato e storicizzato sarebbe un errore. Una sorta di rivincita a posteriori che però non cambierebbe nulla".

Il coordinatore lombardo dell'Associazione dei Partigiani, Tullio Montagna. dice: "Fiano ha pienamente ragione. Lasciare la cittadinanza in onore di un assassino e di un gangster - come Mussolini è stato - è un errore clamoroso: che sputtana la stessa città, in questo caso Bergamo. A Gori dico che il fascismo - aggiunge - è stato anche un'associazione per delinquere: bisogna avere orrore di questa esperienza, altro che lasciare le onorificienze". 
 Contro il primo cittadino di Bergamo si schiera anche Roberto Cenati, presidente dell'Anpi milanese: "Tutte le cittadinanze onorarie conferite a Mussolini dovrebbero essere tolte. Sono inaccettabili della nostra Repubblica nata dalla Resistenza. Mussolini si è reso responsabile, tra le altre nefandezze, delle famigerate leggi antisemite di cui ricorrerà nel 2018 l'ottantesimo anniversario".

Critica anche la Comunità ebraica: "Non tutta l'Italia, al contrario di altri Paesi, ha fatto i conti con la propria storia. Già scoprire che ci sono ancora oggi dei Comuni che non hanno tolto la cittadinanza onoraria a Mussolini è per noi una sgradevole sorpresa. Poi, addirittura, aprire un dibattito sul  "togliere o lasciare" tale onorificenza ci pare assurdo. Esprimiamo dunque stupore e perplessità  in merito alla mancata volontà da parte del sindaco di Bergamo Giorgio Gori di cancellare l'onorificenza che la sua città ha tributato a Mussolini nel 1923. Ci pare poco dignitoso innanzitutto per la città di Bergamo che ancora
oggi - nel 2017 - abbia tra i suoi cittadini onorari un uomo che ha introdotto le leggi antiebraiche e permesso la deportazione nei campi di sterminio di propri cittadini, nonché portato l'Italia in guerra mandando al macello centinaia di migliaia di soldati del nostro Paese".
 
 
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5 OTTOBRE 1980. ONORE A TE, PICCOLO ATTILA

 
Suicidato in carcere. Esattamente il  5 ottobre del 1980.
“Al momento dell’arresto Nanni De Angelis fu scambiato per Luigi Ciavardini e, pertanto, colpevole dell’omicidio dell’agente Serpico. Per questo fu colpito selvaggiamente sia durante l’arresto sia in caserma. Intorno alle ore undici i sanitari dell’ospedale San Giovanni, dopo aver visitato Nanni De Angelis, compilarono un referto medico riportando una prognosi di sette giorni e il ricovero per osservazione. Nanni De Angelis fu, invece, inspiegabilmente dimesso e la mattina del 5 ottobre tradotto in ambulanza della Croce Rossa presso la casa circondariale di Rebibbia e messo in isolamento, su disposizione del Procuratore Guardata. Venti minuti dopo Nanni De Angelis fu trovato morto impiccato con un lenzuolo nella cella di isolamento n° 23. La versione ufficiale parlò di suicidio, ma la famiglia annunciò passi legali e la stampa si pose numerose domande. Infatti, secondo i familiari, Nanni De Angelis doveva rimanere in ospedale almeno per settantadue ore. A testimoniarlo vi era il referto medico dell’ospedale. Dagli interrogatori di poliziotti, infermieri e medici, tutti affermavano, quasi con le stesse parole, che Nanni De Angelis aveva ferite di ogni genere, ma che stava psicologicamente bene, tranquillo e che non manifestava alcun proposito suicida”.
 
  
 
 
 
Sono trascorsi  trentasette anni dalla morte di Nanni De Angelis, tra i fondatori e poi dirigente dell’organizzazione “Terza Posizione”, eppure ricordare “Piccolo Attila”, così lo chiamano gli amici, significa quasi farsi trasportare in un’altra dimensione. Gli episodi di coraggio, di dignità, di umanità e di rispetto di cui è stato protagonista Nanni De Angelis, fratello di quel Marcello che fu anche direttore del Secolo d’Italia nonché ex cantante del gruppo di musica alternativa di destra 270 bis, sono allegorie di una concezione totalmente diversa di passione politica e militanza rispetto ai giorni nostri.
Nessuno sente la mancanza delle barricate e degli anni di piombo,- scrive su Quelsi Riccardo Ghezzi, il 5 ottobre 2012 – ma di Nanni De Angelis sì, c’è nostalgia”.
Un “Piccolo Attila”, oggi, manca proprio a tutti. Ucciso, anzi “suicidato”, in carcere, il 5 ottobre 1980, Nanni De Angelis viene ancora oggi ricordato, da chi era giovane  e di sinistra a quei tempi come un “picchiatore” o un “terrorista”. Niente di più falso: coraggioso sì, tutt’altro che timoroso degli scontri fisici ancor di più, picchiatore non lo è mai stato. Men che meno terrorista: non ha mai aderito ai Nar, e nonostante sia stato ingiustamente arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di Bologna e tirato in mezzo post mortem da un accusatore inaffidabile come l’autore della strage del Circeo Angelo Izzo, è risultato del tutto estraneo alla vicenda.
Recentemente nel libro di Elena Venditti, Non mi abbracciare,  pubblicato da Wingsbert House si parla di lui… con toni schietti, non retorici, oseremmo dire romantici. Sicuramente come a lui sarebbe piaciuto. Ma non c’è libro che tratti di quella stagione, come Io non scordo, splendido action-movie in forma di romanzo sui ribelli della generazione del ’78», che non è solo uno straordinario racconto degli anni di piombo da una prospettiva completamente nuova e sorprendente, ma anche, e forse soprattutto, un bellissimo e toccante romanzo di formazione e un vero e proprio inno ai valori più profondi dell’amicizia.

« Cadrò una, due volte, mille volte ancora, ma ogni volta mi rialzerò per tornare all’assalto, da uomo libero »

Il 7 Ottobre 1987 la salma di De Angelis fu prelevata da ignoti dal cimitero di Poggio Cancelli e cremata. Le ceneri furono rese alla famiglia accompagnate da un biglietto scritto con la macchina da scrivere :
«Gentile signora, la salma di suo figlio non è stata trafugata per offenderne la memoria o la dignità. Il corpo di Nanni è stato incenerito su una pira, con tutti gli onori, come da lui più volte richiesto a voce a tutti i suoi cari. »






NAnni D.


Mille stelle in cielo splendevano,
alti alberi tutti intorno a noi,
dolci canti antichi suonavano,
piccolo attila parlava a noi
e diceva di verdi campi che
di rugiada brillavano nel sol
e guerrieri a cavallo intonavano canzoni

di antichi eroi camerata Nanni con noi!





NANNI DE ANGELIS
 
 

lunedì 2 ottobre 2017

AUSILIARIA FIORENZA FERRINI, PRESENTE !



"FIORENZA FERRINI AUSILIARIA DEL SAF, E'ANDATA AVANTI...
ho avuto l'onore di conoscerla personalmente, di parlare con lei che si raccomandava di far imparare ai ...giovani le opere fatte del Ventennio "a scuola non fanno studiare niente di tutto questo.." e distribuiva stampe informative. 
Ho avuto anche l'immenso e immeritato piacere di ricevere complimenti sui miei scritti quando li ha letti. Dedico alla sua memoria un mio breve articolo pubblicato tempo fa che lei lesse volentieri. ciao Fiorenza.... "
Franca Poli




 


Fidanzate con la morte

di Franca Poli
Fidanzate con la morte

«A Dio la mia fede, All’Italia la mia vita, Al Duce il mio cuore!»
(Luciana Minardi)
 
È di nuovo una donna a ispirare il mio racconto. È il 6 agosto 1936, a Berlino il cuore di una bella ragazza bionda di soli 20 anni batte all’impazzata. La finale degli 80 metri ostacoli la sta aspettando e lei è pronta ad affrontarla, mettendoci la grinta e il coraggio di cui sarà capace. Al via corre con tutte le sue le forze e primeggia. Ondina Valla, nata a Bologna nel 1916, è stata la prima donna italiana a vincere un oro olimpico. Al suo rientro fu poi ricevuta con tutti gli onori a Palazzo Venezia da Mussolini in persona e nel 1937 le venne riconosciuta una ulteriore medaglia d’oro al valore sportivo accompagnata da un assegno di cinquemila lire, cifra per allora di tutto rispetto.

Il Fascismo aveva operato una rivoluzione nel mondo femminile: in quegli anni la donna fu incoraggiata a dedicarsi allo sport, nonostante l’ostracismo della Chiesa e, nel 1929, un anno dopo l’inizio dei lavori per la costruzione del Foro, il governo fascista annunciava la nascita dell’Accademia di Educazione Fisica Femminile a Orvieto. Un provvedimento che rispondeva all’esigenza di formare nuove insegnanti per le scuole medie e per le organizzazioni femminili fasciste. Nell’Accademia di Orvieto e in altri Collegi, retti dal PN F, le ragazze “capaci e meritevoli”, segnalate dagli insegnanti, venivano fatte studiare gratuitamente, a spese non dello Stato, ma del Partito stesso. (quanti e quali paragoni contrapposti mi verrebbero in mente con l’uso odierno dei soldi del finanziamento ai partiti). Tali “scuole” raggiunsero una notevole fama, anche a livello internazionale, per la serietà degli studi, la disciplina dello sport, lo spirito cameratesco fra le ragazze e la vita gioiosa e serena che vi si conduceva. Le organizzazioni femminili fasciste furono affidate esclusivamente alle donne e la Segretaria Nazionale rispondeva del suo operato soltanto al Segretario dei Partito, il quale esercitava esclusivamente vigilanza amministrativa e di coordinamento.
Il Duce in persona, con la sua politica rivolta al mondo femminile, fu il creatore del legame donna-fascismo. Il suo progetto politico mirò alla formazione di una nuova italiana: la donna fascista, attraverso un cambiamento della sua dimensione quotidiana che coinvolse sia gli aspetti più intimi e personali, quali la gestione del corpo, sia la sua formazione e l’inserimento sociale. Per la prima volta in Italia la donna veniva valorizzata e resa autonoma nelle sue scelte e nelle sue prospettive. Le fu affidato il settore più delicato e impegnativo, quello dell’assistenza all’infanzia e alle categorie disagiate e, in tale compito, ebbe piena autonomia e piena responsabilità. Le donne risposero con impegno e capacità inattese, era emancipazione, checché se ne dica .
In quel particolare clima spirituale, fatto di amore per la Patria, senso della disciplina, del dovere e del sacrificio, è facilmente intuibile il motivo per cui dopo il tradimento dell’8 settembre, tante giovani donne per l’indignazione che vanificava lo sforzo comune di più generazioni, si sentirono spinte a una scelta non soltanto politica, ma a difesa dell’onore stesso d’Italia. Anche le “giovani italiane” dell’ONB, come le sorelle maggiori, non esitarono ad abbandonare la casa, la scuola, gli affetti e le comodità, scegliendo una vita di disciplina e di sacrificio, pur di poter essere anche loro utili alla Patria. Esse vollero dimostrare in modo tangibile la loro ribellione all’ignobile tradimento e volontariamente si mobilitarono per schierarsi a fianco dei soldati italiani che combattevano nella Repubblica Sociale. Erano le donne di Mussolini, animate da puro ideale, spirito di avventura, fedeltà a un regime che consideravano immutabile e da un amore viscerale nei confronti dell’uomo che sentivano come un padre. Una ragazza di Salò racconta l’incontro con il Duce e di quei “lacrimoni” versati per l’immensa gioia di essere passata finalmente sotto il suo sguardo : «Quello che mi colpì del Duce fu l’espressione dei suoi occhi, che infatti non ho mai più dimenticato : sembrava che ci guardasse a una a una e che il suo stato d’animo, di fronte al nostro slancio, fosse di una gioia pensosa. Ciò che direi, oggi, è che il suo sguardo non aveva nulla del leader che insuperbisce alla vista di coloro che lo acclamano : viceversa, era quello di un padre che è sì orgoglioso dei propri figli ma anche, in un suo modo segreto, preoccupato del loro avvenire; e preoccupato, anzi, assai più del loro destino che del proprio».
Nel gennaio 1944 il giornalista Concetto Pettinato scrisse su La Stampa un appassionato articolo, Breve discorso alle donne d’Italia : «Un battaglione di donne: e perché no? Il governo americano si è impegnato a gettare le nostre figlie e le nostre sorelle alla sconcia foia dei suoi soldati d’ogni pelle. Ebbene, perché non mandarle loro incontro davvero, queste donne, ma inquadrate, incolonnate, con dei buoni caricatori alla cintola e un buon fucile a tracolla?». A Milano, in Piazza S. Sepolcro, circa 600 giovani donne si radunarono spontaneamente a ribadire la loro volontà di partecipare in modo attivo al conflitto, chiedendo di essere arruolate. Situazioni analoghe si verificarono in altri centri della Repubblica Sociale Italiana. Cominciarono così a costituirsi gruppi femminili in servizio presso i Comandi Militari. Data l’alta affluenza e la determinazione di tante donne si fece sempre più concreta l’idea di un arruolamento volontario femminile nelle file dell’Esercito Repubblicano.
Il Servizio Ausiliario Femminile venne istituito il 18 aprile 1944 e il comando fu affidato al Generale di brigata Piera Gatteschi Fodelli, già ispettrice nazionale dei Fasci di Combattimento Femminili, unica donna a rivestire un grado militare così elevato. Le volontarie erano divise in tre raggruppamenti: il Servizio Ausiliario Femminile per l’esercito, le Brigate Nere e la Decima Mas. Quest’ultima ebbe il SAF autonomo dagli altri due. Il comandante Valerio Borghese designò alla sua guida Fede Arnaud Pocek (veneziana, classe 1921) che, in precedenza al luglio 1943 si era distinta nel dirigere il settore sportivo del Gruppo Universitario Fascista.
La divisa delle “ragazze di Salò” era costituita da giacca sahariana senza collo e gonna pantaloni, entrambe di colore kaki, camicia nera, basco e fregi rappresentativi del corpo di appartenenza sul bavero e sulla fibbia del cinturone. La disciplina a cui venivano sottoposte era quella militare: le volontarie ammesse dovevano infatti frequentare corsi di addestramento che avrebbero cambiato totalmente le loro abitudini di vita. La giornata era scandita dallo squillo della tromba e iniziava con la sveglia, la pulizia personale, la colazione e l’alzabandiera, durante il quale le allieve recitavano la preghiera dell’Ausiliaria . Nello svolgimento dei loro compiti venivano adibite ai servizi ospedalieri come infermiere, ai servizi negli uffici militari, nelle mense nei posti di ristoro e alcune ausiliare vennero impiegate come ascoltatrici nella contraerea, come radiotelegrafiste e altre ancora furono attive nei reparti Sabotatori.
Comunque, per avere un’idea di quella che fu la portata di tale fenomeno e soprattutto della vastità dell’adesione che queste giovani donne diedero alla RSI, ricordiamo che “il 28 ottobre del 1944, in una relazione che il Generale Piera Gatteschi scrive a Mussolini, le ausiliarie del SAF in servizio nei vari settori erano 1.237, provenienti da sei corsi nazionali (…), e 5.500 le volontarie in addestramento nei ventidue Corsi Provinciali” – dati raccolti dall’Archivio Centrale Dello Stato- Roma. Nei documenti dei mesi successivi, invece, risulta addirittura che si arrivarono a contare quasi 10.000 ausiliarie in servizio, tutte di età compresa tra i 16 e i 24 anni. Provenivano da ogni ceto sociale e da ogni parte dell’Italia, erano in tante le ragazze non ancora maggiorenni, molte le spose, e parecchie anche le madri che si fecero ausiliare per andare incontro a un destino che sapevano già segnato. Alcune morirono, moltissime altre subirono sevizie materiali e morali da parte di soldati alleati e partigiani. Ciò che più lascia allibiti, infatti, è senza dubbio il tributo di sangue che queste giovanissime pagarono per difendere la loro fede.
Le prime ausiliarie che persero la vita furono le sei che morirono nell’attentato a Cà Giustiniano, a Venezia, il 26 Luglio 1944. Alla data del 18 Aprile 1945, invece, si contavano 25 cadute, 8 ferite, 7 disperse, 13 sottoposte a decorazioni. Ma non si conosce il numero esatto delle ausiliarie che durante le tragiche giornate di sangue di fine aprile e maggio furono massacrate o trucidate selvaggiamente dopo essere state violentate, torturate, seviziate dagli “eroici” partigiani . Infatti il SAF fu il reparto che, in rapporto a quello che era il suo organico, registrò la più alta percentuale di caduti.
Dopo il 25 aprile, la sopravvivenza o la morte delle ausiliarie furono dovute alla capacità e alla prudenza dei comandanti dei reparti cui erano aggregate, ma anche al caso e alla fortuna. Chi cadeva nelle mani degli Alleati, generalmente, dopo un sommario interrogatorio, veniva posta in libertà. Chi, invece, cadeva nelle mani di partigiani non comunisti, finiva in campo di concentramento, in attesa di accertamento per eventuali responsabilità personali e poiché responsabilità personali non ce n’erano, dopo qualche tempo tornava libera. Non ci fu scampo, invece, per le sventurate cadute in mano ai partigiani rossi che restano gli unici responsabili del massacro delle ausiliarie che non piegandosi all’odio comunista morirono con coraggio, molto spesso dopo aver subito violenze, stupri e sevizie e, per crudeltà mentale, dopo aver dovuto sfilare nude, con i capelli tagliati a zero, tra ali di gente inferocita, imbarbarita dall’odio fomentato dagli stessi aguzzini.
Un’idea precisa ed impressionante del clima in cui vennero a trovarsi le ausiliarie in quei giorni è resa da Antonia Setti Carraro, che ha narrato la sua testimonianza nel libro Carità e Tormento, scritto nel 1982, quando, ancora quarant’anni dopo, non riusciva a dimenticare le scene spaventose alle quali aveva assistito. Uno spettacolo allucinante in una Torino in preda all’odio e al sangue, con cadaveri disseminati dovunque. Sul Po «L’acqua», scrive Antonia Setti Carraro, «che era bassa e sembrava ferma, brulicava di cadaveri. A testa in giù, a braccia aperte, a gambe divaricate, a faccia in su, a pezzi o tutti interi, giovani, ragazzi, uomini, donne e fanciulle giacevano scomposti, aggrovigliati, ammassati, paurosi a vedersi, atroci nelle posizioni. Le ausiliarie erano impallidite in modo terribile». Questo racconto resta uno dei più sinceri nella descrizione dell’odio demoniaco di cui sono stati capaci certi italiani e si conclude con la quasi miracolosa fuga delle otto donne catturate poiché i loro carcerieri erano troppo impegnati a gustarsi, nei minimi particolari, l’agonia di un fascista .
Non si conosce il numero esatto delle ausiliarie che hanno perso la vita ingiustamente in quei giorni di follia omicida che colpì vigliaccamente le figure più fragili, si parla di 300 o di oltre un migliaio a seconda delle fonti, ma non conta quante furono, conta l’infamia del gesto che le colpì fosse anche verso una sola donna.
In conclusione voglio citare alcuni esempi di fulgido eroismo delle ragazze che vissero quei giorni bui: Giovanna Deiana, colpita al viso da una scheggia durante un bombardamento alleato, era rimasta cieca e nonostante questa menomazione, supplicò il Duce di essere accolta nelle volontarie del SAF, la sua richiesta fu esaudita e venne assegnata ai centri di ascolto della contraerea. Raccontano di lei le sue colleghe: «Attorno a sé rifletteva la serenità del suo spirito non piegato dalla prova. Era come se vedesse più profondamente di tutte». Raffaella Duelli, prima da ausiliaria della Decima, poi da assistente sociale di bambini disagiati, fino al suo ultimo giorno di vita si è dedicata al prossimo: «Nell’opera di recupero delle salme dei combattenti e nella quotidiana attenzione per chi soffre − qualità essenziale nella mia professione − c’è la stessa forza dei valori. Quegli ideali di solidarietà e patriottismo che animavano la mia prima giovinezza li ho trasferiti nell’impegno per i bambini delle periferie romane. Una certa idea della Patria non può essere disgiunta da quella di solidarietà e di giustizia sociale». Marilena Grill, di 17 anni, fu prelevata dai partigiani con la promessa ai genitori di riportarla a casa dopo un interrogatorio. Marilena volle indossare la divisa pensando che sarebbe stata uccisa, ma non venne fucilata, non subito, fu prima portata in un casolare di campagna dove fu ripetutamente violentata, le straziarono il corpo infilzandole i seni con la lama della baionetta, la torturarono sessualmente con bastoni fino a farla sanguinare, alla fine le spararono un colpo alla nuca e mantennero la promessa fatta al padre: la riportarono indietro, buttandola cadavere davanti la porta di casa. La storia dell’ausiliaria Franca Barbieri, proposta per la medaglia d’oro, è quella di un soldato. Catturata dai partigiani, le viene offerta la vita a condizione di passare nei ranghi delle loro formazioni. L’ausiliaria rifiuta. Di fronte al plotone di esecuzione grida “Viva l’Italia!” e cade sotto le raffiche dei mitra. Franca scrive nelle ultime righe consegnate prima della condanna a morte: «Non chiedo di essere vendicata, non ne vale la pena, ma vorrei che la mia morte servisse di esempio a tutti quelli che si fanno chiamare fascisti e che per la nostra Causa non sanno che sacrificare parole».
C’è un filo rosso che lega queste esperienze, una traccia comune che salda storie così diverse è il prezzo pagato dalle donne di Salò, che avevano servito l’Italia con fedeltà, spinte solo da motivazioni ideali, così delicate come un fiore e allo stesso tempo così forti da vestire con onore il grigioverde.
 
 Franca Poli

SPAGNA E CATALOGNA: I PRINCIPI DI IERI e le opinioni di oggi . PARTE PRIMA

 
"La Spagna è una unità di destino nell'universale. Ogni cospirazione contro questa unità è da ripugnare. Ogni separatismo è un crimine che non perdoneremo. La costituzione vigente, in quanto incitante alle disgregazioni, attenta all'unità di destino della Spagna. Per questo noi esigiamo il suo istantaneo annullamento."
(Josè Antonio primo De Rivera)



 

SANTIAGO ABASCAL:

CON TRADUZIONE DI LUCIANO LAGO

La Spagna si solleva contro la secessione

La mobilitazione massiccia di Madrid non aveva il sostegno di alcuno dei partiti politici con rappresentanza parlamentare – piuttosto del loro disprezzo e dei loro passi avanti – e pochissimi media ne hanno dato notizia, ma la piazza di Cibeles a Madrid si è riempita traboccante di  una moltitudine di persone.
Questo sabato migliaia di spagnoli si sono concentrati di fronte al municipio della nostra città con le bandiere della Spagna. La chiamata, Invocata dalla Fondazione per la Difesa della Nazione Spagnola, è stata recepita da decine di organizzazioni della società civile in cui si è manifestato il più forte appello patriottico degli ultimi anni.

Anche se la mobilitazione non ha avuto l’appoggio di una delle parti politiche con rappresentanza parlamentare – anzi veniva rappresentata con disprezzo e mettendo i  bastoni fra le ruote- e pochissimi media hanno fatto eco (tranne i gruppo media Intereconomía e gruppo Digital Freedom come onorevole eccezione), la piazza Cibeles era traboccante di una folla di persone. Ci sono state anche partecipazioni massicce in città come Seviglia, Valencia, Las Palmas o Cadice. E, naturalmente, a Barcellona, ​​dove migliaia di catalani si sono riuniti in mattinata in Plaza de Sant Jaume, in una manifestazione convocata dalla Fondazione DENAES e molti hanno fatto un corteo nel pomeriggio per la Via Laietana in un altra manifestazione organizzata da associazioni della società civile catalana. Ma non solo in quei luoghi.
Possiamo senza dubbio  dire che le concentrazioni del 30-S, ieri, erano più rilevanti di quelle di 15-M. Ma a differenza di quanto accaduto il 15-M, dove il campo di vista era stato ingrandito dai media, in questa occasione i media hanno cercato di ignorarli.
Ma la dimensione della risposta è stata tale da non poter essere in grado di fingerla irrilevante. Così i media di sinistra, compreso il traditore Roures, la stampa sovvenzionata e i  lacchè dei media di Soraya, hanno cercato di screditare le mobilitazioni mettendo in primo piano sulle foto di prima pagina i manifestanti con il braccio alzato (alcune con cappotti invernali) o mostrare con l’aquila di San Juan. Manipolazioni grezze, come quelle della La Vanguardia, il proprietario della edizione online allude alla manifestazione di Madrid quando avevano cantato il “Cara al sol” e avevano fatto il saluto fascista, mentre il vero racconto della storia ha riconosciuto che quelli che così si comportavano erano solo venti dei 10.000 cittadini che hanno dimostrato due ore dopo il completamento della concentrazione.
Plaza de Cibeles Madrid
E per quanto i partiti e i media dell’ establishment  hanno voluto nascondere e falsificare, la verità finisce per brillare come alla luce del sole. E la verità è che la manifestazione di ieri non ha fatto nulla di più se far ondeggiare la bandiera di tutti nel  rituale, sostenere la Guardia Civil e il lancio di applausi alla Polizia Nazionale di Catalogna e di Spagna, e la richiesta del rispetto della legalità costituzionale.
Le dimostrazioni di ieri hanno anche mostrato il supporto per i milioni di cittadini fedeli che vivono in Catalogna e che devono sopportare ogni giorno le azioni di un governo regionale che ha rotto l’ordine costituzionale e li incoraggia ad essere vessati da organizzazioni separatiste, Omnium Cultural e ANC, convertiti in autentiche milizie del regime separatista totalitario.
Abbiamo anche approfittato della riunione per chiedere che il governo della Nazione agisca in Catalogna per ripristinare l’ordine costituzionale, perseguire contro gli organizzatori del colpo di stato e garantire i diritti civili dei catalani. E mostriamo la nostra sorpresa perché, nonostante tutto ciò che è già accaduto, Maríano Rajoy non è stato in grado di applicare l’art.155 della Costituzione spagnola e di prendere le redini del potere in Catalogna.
Tra l’altro, il Partito Popolare  non solo non  ha incoraggiato la partecipazione a questa iniziativa della società civile, -così come Ciudadanos – ma dalla sua direzione nazionale, dai quadri locali sono state date  istruzioni precise  per scoraggiare a partecipare a tale manifestazione patriottica.. Loro sapranno perché lo hanno fatto. Senza dubbio il loro  elettorato merita una spiegazione. Tra l’altro perché insieme a noi, erano presenti  molti degli elettori del  PP, di Ciudadanos e sono sicuro anche molti elettori socialisti, anche loro con noi.
Ogni volta che vedo più bandiere sui balconi delle strade spagnole, vedo sempre più segni di patriottismo tra i cittadini comuni. I miei amici a Barcellona mi dicono che durante il giorno ieri hanno cominciato a vedere bandiere sulle facciate della città. Che il muro di silenzio imposto dalla mafia separatista inizia a rompersi.
La Spagna si solleva contro la secessione
Non è la prima volta che la nostra nazione vive un momento complicato. Il 2 maggio del 1808, la corona spagnola era stata data a Bonaparte da un re di fellone. Non c’era allora Rajoy a governare , ma Godoy. Come nei nostri giorni, le istituzioni di quel tempo, formate dai nobili e dall’alto comando dell’esercito, accettarono le dimissioni e non riuscirono ad affrontare faccia a faccia all’invasore.
Furono allora le città spagnole, spinte da due giovani ufficiali di artiglieria, Daoiz e Velarde, che si ribellarono contro l’invasore e risvegliarono la Nazione. Allora i combattenti spagnoli, molti dei quali catalani, furono in grado di sconfiggere l’esercito più potente del tempo e recuperare l’indipendenza del nostro paese. Ora non abbiamo affrontato il Napoleone imbattuto, ma un disonesto personaggio fastidioso come il secessionista Puigdemont. La sconfitta non è un’opzione.
Manifestazioni nazionaliste in Spagna contro i secessionisti
Oggi, il primo di ottobre, sarà una giornata molto complicata. Lo vivrò da Barcellona. Non possiamo sapere cosa succederà. L’unica cosa che sembra certa è che ci saranno disordini pubblici. Né sappiamo cosa accadrà nei prossimi giorni. Sembra che i separatisti siano pronti a raggiungere il loro obiettivo ed alla fine fare di dichiarazione unilaterale di secessione . Ed è assolutamente imprevedibile sapere cosa farà il presidente del governo.
Senza dubbio, i tempi difficili stanno arrivando. Ma dobbiamo avere speranza e fiducia che ci sarà un futuro migliore davanti a noi.
Ma noi dobbiamo combattere per quel futuro. Sono convinto che nei prossimi giorni ci ritroveremo di nuovo per le strade. Perché la nazione spagnola, che dormiva una letargo profonda, si è risvegliata. La Spagna è aumentata nella consapevolezza di molti. La Spagna si è sollevata in piedi. E nessuno ci può più fermare. Perché saremo fedeli al giuramento che abbiamo dato al nostro paese.
Fonte: La Gaceta.es
Traduzione: Luciano Lago
https://www.controinformazione.info/la-spagna-si-solleva-contro-la-secessione/



MASSIMO FINI:

La piccola patria che Madrid vuole spegnere

Nel 1975, a Helsinki, 35 Stati del mondo, fra cui la Spagna, sancirono il diritto all’’autodeterminazione dei popoli’. Se questi accordi non sono solo delle astratte enunciazioni di principio destinate a non avere alcuna applicazione la Catalogna ha il pieno diritto di fare il suo referendum di indipendenza dalla Spagna.
L’intervento di Madrid per impedire il referendum che dovrebbe svolgersi il primo ottobre è brutale, violento e nella memoria dei catalani che hanno l’età per averla ha ricordato i metodi del regime franchista. Arresti di funzionari del governo catalano anche di altissimo livello come il braccio destro del vice presidente catalano, Josep Maria Jové, minaccia di arrestare lo stesso presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, sequestro delle schede elettorali, chiusura dei seggi. Ma i catalani non demordono: hanno fatto stampare un milione di nuove schede, hanno aperto nuovi seggi che però la polizia di Madrid ha circondato impedendone l’accesso. Molto dipende ora dall’atteggiamento della polizia catalana (Mossos d’Esquadra) il cui comandante Trapero si è rifiutato, almeno per ora, di sottomettersi alla Guardia Civil spagnola. Nel momento in cui scriviamo le manifestazioni degli indipendentisti sono state pacifiche, nella forma prevalentemente dei sit-in ma se si dovesse arrivare a uno scontro fra le due polizie si aprirebbe la strada in Spagna a una sanguinosa guerra civile, non diversa se non nelle proporzioni da quella che attraversò il Paese alla fine degli anni Trenta e che contrappose i nazionalisti di Francisco Franco ai repubblicani.
Nulla è immutabile nella vita degli uomini e delle loro organizzazioni. La Storia, e il Tempo che scorre con essa, non si ferma checché ne abbiano pensato tutti gli storicismi, da Hegel a Marx fino a quel epigono imbecille di Fukuyama. Nuovi Stati si formano, altri si disgregano, altri ancora scompaiono. Se così non fosse tutto il ‘mondo nuovo’ che si aprì agli occhi degli europei al tempo di Magellano sarebbe rimasto, per diktat del Papato, che allora aveva una grande influenza, diviso in due zone, l’una spagnola, l’altra portoghese. Ma così non è andata.
Fermiamoci però a tempi più vicini a noi. Dopo il collasso dell’Urss le ex Repubbliche sovietiche sono diventate degli Stati a tutti gli effetti (Estonia, Lituania, Lettonia, Georgia, Turkmenistan, Azerbaigian, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan, Armenia, Ucraina per nominarne solo alcuni), la Jugoslavia è scomparsa dalle mappe geografiche dividendosi in Slovenia, Croazia, Bosnia, Macedonia, Montenegro, Kosovo, la Slovacchia si è staccata dalla Cechia, la Germania si è riunificata. A parte la Bosnia e in particolare il Kosovo dove c’è stato un pesante intervento militare degli americani per staccarlo, a loro uso e consumo, dalla madre patria serba, tutte queste separazioni, o riunificazioni, sono avvenute in modo sostanzialmente pacifico. A volte erano così naturali che non c’è nemmeno stato il bisogno di ricorrere a un referendum.
Attualmente bollono in pentola, oltre a quello catalano, l’indipendentismo basco, scozzese, corso e, se vogliamo, anche l’autonomismo Lombardo-Veneto.
Questi indipendentismi hanno raramente vere ragioni politiche ed economiche. Nascono piuttosto da pulsioni esistenziali. Sono il tentativo di recuperare le proprie radici, un’identità perduta, di sfuggire in qualche modo a quella standardizzazione e a quella omologazione che la globalizzazione ha esasperato. E più si stringe il cerchio della globalizzazione, più entreranno in azione le controspinte indipendentiste.
E’ il sogno delle ‘piccole patrie’ che è venuto prepotentemente alla ribalta, o perlomeno alla coscienza dell’opinione pubblica italiana, ai tempi della prima Lega.
Alla luce degli accordi di Helsinki è un ‘sogno’, anzi un diritto, del tutto legittimo e, a parte le violente resistenze di Madrid, non si capisce perché l’Onu, l’Unione europea, Angela Merkel e altri soggetti politici si oppongano all’indipendentismo catalano senza avere alcun diritto di mettervi il becco.
Non facciamo altro che parlare di democrazia, del potere sovrano del popolo ma quando la volontà popolare si manifesta nella sua forma più limpida che è quella della democrazia diretta, e non della democrazia rappresentativa, troviamo qualsiasi pretesto per aggirarla e annullarla. ‘Populismo’ è l’aggettivo più usato per svilire e bollare qualsiasi tentativo che si opponga al sistema e al dominio di ‘lorsignori’, politici, economici, finanziari, di tutto il mondo. E allora diciamolo una volta per tutte: la democrazia non esiste, è un imbroglio, una Fata Morgana che svanisce appena mette in pericolo il dominio dei Signori della Terra.
 
Massimo Fini
 
FONTE:
http://www.massimofini.it/articoli/blog