Anche una tranquilla città di provincia come Pavia può avere i suoi morti, e può persino dimenticarseli. È, più o meno, ciò che è avvenuto per la vicenda di Emanuele Zilli, 25 anni, originario di Fano Adriano (Teramo), ma abitante a Pavia già dai primi anni settanta. Esponente e attivista del Movimento Sociale Italiano, era stato anche candidato alle elezioni comunali. Il suo impegno politico si esplicava infine come rappresentante CISNAL.
Cronologicamente la vicenda si sviluppa nei primi anni settanta. Nel 1972 l'MSI raggiunge nelle elezioni politiche il suo massimo storico: 8,7% alla Camera, 9,2% al Senato. Ora si chiama MSI – Destra Nazionale, perché grazie alla segreteria Almirante il Movimento Sociale coagula altre forze, quali il PDIUM, con cui erano stati riscontrati punti di convergenza politica. È proprio da questo anno che la sinistra, preoccupata del successo elettorale dei neofascisti, corre ai ripari. Sia dal punto di vista sociale che da quello, per usare un eufemismo, di azione politica. L'atmosfera di odio che si respira in quel periodo è alimentata dalle campagne giornalistiche ed intellettuali, tutte indirizzate verso l'antifascismo. Tollerate e condivise dalla stragrande maggioranza dell'intellighenzia italiana, le azioni antifasciste trovano consenzienti scrittori, registi, attori, professori universitari, studenti. Tutti schierati con il "bene" (la battaglia comunista ispirata ai principi marxisti–leninisti) nella lotta contro il male. Al governo, un monocolore democristiano guidato da Giulio Andreotti. La DC darà enfasi alla "strategia degli opposti estremismi" in cui più destra e sinistra vengono identificati dall'opinione pubblica come entità sovversive e destabilizzatrici, più l'immagine di un centro moderato (quindi la Democrazia Cristiana) potrà risultare forzatamente l'unico soggetto per assicurare al Paese la stabilità e la serenità negli anni a venire.
I primi disordini di una certa entità a Pavia hanno luogo proprio durante la campagna elettorale dell'MSI nel 1972, con il comizio di Franco Servello nella città. A seguito dei tafferugli, 12 arresti. A sinistra i gruppi più attivi erano quelli di Lotta Continua e i marxisti-comunisti. Il clima politico di quegli anni a Pavia era certamente molto diverso da oggi. Teatro di episodi di guerriglia urbana la città intera, ma in particolare Piazza Grande (oggi Piazza della Vittoria) in cui aveva sede l'MSI, e "punto di ritrovo degli estremisti di sinistra". Ma trasferire la Sede dell'MSI da Piazza Grande in altro punto della città non avrebbe cambiato molto. Sosteneva l'allora consigliere MSI C. Zanotti: "Il fatto di avere la sede in Piazza Grande non vuol dire nulla. Anche se fosse trasferita in periferia, verrebbero a provocare, a fare attentati: lo si è visto in corso Mazzini, contro la sede CISNAL". Per la cronaca, nel 1972 la famiglia del consigliere MSI subì due attentati, il prof. Zanotti molteplici aggressioni. Il prefetto di allora , dott. Benigni, riceve continue delegazioni di cittadini e commercianti preoccupati dell'evolversi della situazione.
Emanuele Zilli era un militante di quelli che non si tiravano indietro, in anni di scontri anche molto duri. Aggredito una prima volta, nel 1972, in piazza Castello insieme ad un amico, qualche settimana dopo, il 5 Dicembre 1972, stava per subire la stessa sorte. Teatro dell'aggressione è Piazza della Vittoria, all'angolo con Corso Cavour, verso le 13:45. Era insieme ad altri due iscritti, uno dei quali, Marco Noè, reagì sparando un colpo di pistola che ferì uno degli aggressori, Carlo Leva. Naturalmente questo episodio ebbe grande risonanza ed Emanuele passò non pochi guai. Infatti, poche ore dopo, lo stesso giorno alle ore 17:30 fu "prelevato" da un branco di comunisti mentre si trovava di fronte alla sede dell'MSI e selvaggiamente percosso.
Testimoni citarono un "gruppo di trenta persone accanirsi contro un singolo". Ricoverato in ospedale in gravi condizioni fu però dimesso quasi subito, ancora sofferente, per consentire alla polizia non di proteggerlo, bensì di arrestarlo per l'episodio precedente. Due medici del Policlinico del reparto neurochirurgia-ortopedia, furono denunciati per la loro prognosi a dir poco "sospetta". Sarebbe del tutto inutile specificare che Zilli fu poi riconosciuto completamente innocente, ma ormai il suo destino era segnato. Il suo indirizzo di casa, perennemente sui giornali in modo che fosse "raggiungibile" da chiunque. Emanuele era sposato e padre di due bambine che, nel novembre 1973, avevano appena due e un anno: era un operaio che, per mantenere la sua famiglia, lavorava duramente presso uno spedizioniere di Pavia, la ditta Bertani, e fu all'uscita dal lavoro che trovò ad aspettarlo la morte.
Così "La Provincia Pavese" di quei giorni ricostruisce i fatti:
"ESTREMISTA DI DESTRA
DECEDE DOPO MISTERIOSO INCIDENTE"
Sembra che venerdì sera egli fosse uscito dal lavoro e, verso le 18 e 30, stesse facendo ritorno a casa in sella al proprio motorino percorrendo una traversa di via dei Mille. Qui è stato rinvenuto, poco dopo le 18 e 30, esanime a terra accanto al proprio motorino. Il corpo dello Zilli giaceva sulla sinistra della carreggiata. Prontamente soccorso, il giovane veniva trasportato al Policlinico. In un primo tempo si faceva l'ipotesi più ovvia, quella dell'incidente stradale: lo Zilli sarebbe sbandato sulla propria sinistra, andando a sbattere contro un'auto o finendo a terra per un malore. Ma alcune circostanze inducono ad una maggiore cautela: lo Zilli aveva un occhio pesto, come se fosse stato picchiato; sul collo presentava un profondo graffio; ed il suo corpo era stato trovato in una posizione "strana" rispetto al motorino."
"Il luogo era completamente deserto" - aggiunge il quotidiano in un altro resoconto - "non c'erano macchine intorno contro cui Zilli potesse aver urtato cadendo. Né segni di uno scontro". Articoli successivi sulla vicenda ribadivano come tutta la dinamica continuasse a rimanere avvolta nel mistero. Titolava infatti "La Provincia Pavese" del 7 Novembre 1973: "SEMPRE OSCURA LA MORTE DEL GIOVANE ESTREMISTA - Davvero vittima di un incidente Emanuele Zilli?" Una domanda che, come leggerete, non ha mai trovato risposta.
Tre giorni durò l'agonia di Emanuele, che si spense, senza mai riprendere conoscenza, all'alba di lunedì 5 novembre 1973. Sulla sua vicenda non è mai stata fatta luce, non si sono cercati testimoni, non si è vagliato l'alibi dei più feroci estremisti di sinistra che avevano giurato a Zilli "sei il primo della lista".
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