lunedì 26 giugno 2017

MARIO TUTI RACCONTA I SUOI CAMPI HOBBIT

  
 VISSUTI NELLE CARCERI SPECIALI
 
 

Riportiamo per intero il  bell'articolo dell'amico
Giuseppe Parente tratto dal Blog FascinAzione.info
 
 
 
Hobbit 40. Tuti racconta: i miei campi Hobbit vissuti nelle carceri speciali
Ecco il contributo telefonico di Mario Tuti per il quarantennale di Campo Hobbit Intanto voglio ringraziare Marina per questa splendida opportunità.
 D’altronde buon sangue non mente! Suo zio, l’on. Simeone, fu l’unico parlamentare, insieme a Staiti di Cuddia, che mi era venuto a trovare in carcere, e mi difese anche in alcuni degli ultimi processi…
Comunque, ritrovarci qui, trovarmi qui anche se solo per telefono, non è, credo, nostalgismo di reduci, ma voglia di dare ancora voce e testimonianza dei ragazzi che fummo, dei ragazzi di allora che non ci sono più e di quelli che sarebbe stato meglio non ci fossero mai stati, né allora né ora…
In quella tarda primavera del 77, a Porto Azzurro, quando già Radio carcere dava inquietanti notizie di nuove strutture per il carcere duro, confesso che la storia del Campo Hobbit passò quasi in sordina, anche se c’erano già stati fenomeni, come la cacciata di Lama dall’Università, che facevano pensare ad un nuovo ‘68, e cominciavano ad apparire, anche nel nostro ambiente, nuove forme di militanza e azione politica, con l’emergere delle tendenze della Nuova Destra e di quella prima “Autonomia Nera”. Con una necessaria quanto spregiudicata presa di distanza dalle vecchie ritualità del passato e da certi protagonisti della scena politica “nera” (in primis Almirante, criticato sia per il suo ruolo sbirresco a Valle Giulia che per i suoi proclami a favore della pena di morte per i terroristi, i suoi applausi ai carabinieri e le sue sciacallesche presenze ai funerali dei camerati uccisi).
Comunque a Porto Azzurro, dopo un fugace passaggio di Concutelli, io ero l’unico “nero”, e non avevo occasioni di confronto con le altre realtà dell’ambiente, anche se tra i malavitosi non mancavano i simpatizzanti e soprattutto, tra i vecchi banditi, molti vantavano un passato, anche onorevole, nella RSI. Basti pensare a Benito Lucidi, re delle evasioni e della vecchia “mala” romana e ai tempi combattente ad Anzio, dove si era meritato la Croce di Ferro.
Anche la mia posizione, sia per età (avevo più di 30 anni), che per cultura e formazione era, diciamo così, conservatrice e tradizionalista, legata, allora come ora, ai simboli, ai miti e, lo riconosco, alla stessa retorica alle gesta del primo fascismo e della RSI… E magari, più che agli Hobbit, allora avrei pensato ad Aragon, anche se poi in realtà ero convinto – e lo scrissi anche in un pezzo su Quex – che una P38 era comunque meglio delle spade elfiche…
Ai primi di luglio poi ci fu il grande sballamento: con sorpresa vidi arrivare a Porto Azzurro una decina di camerati (Murelli, Azzi, il mio coimputato Franci, etc) e anch’io li raggiunsi alle celle della Polveriera, dove il giorno dopo fummo prelevati da uno stuolo di carabinieri e portati all’aeroporto, imbarcati sugli elicotteri chinook e decollammo per l’Asinara, da dove io proseguii, sempre in elicottero e da solo, verso Favignana, in quel carcere del tempo dei Borboni ricavato da una cava, con le celle scavate nel tufo.
Là c’era un bel po’ di compagni e un solo camerata, Bonazzi, di Parma: lui era entrato in carcere un paio di anni prima di me ed era già in corrispondenza con alcuni altri camerati, dentro e fuori. E’ allora che cominciai a scrivermi, mi ricordo, con Murelli, Zani, Carlo Terracciano (eh, eh, che si scusò per un suo divertente articolo della Voce della Fogna dove mi faceva fare la parte del lupo di Cappuccetto Rosso, o meglio nero,) mi scrisse anche Paola Fassinetti, e attraverso lei e Carlo cominciammo ad avere notizie dei nuovi fermenti all’esterno: c’era curiosità di conoscersi confrontando i rispettivi riferimenti ideologici e le stesse esperienze di militanza, e poi la voglia di lavorare insieme politicamente. Il clima era quello vissuto da una comunità assediata, da una parte dalle squadre della sinistra, delle BR, e dall'altra dalle persecuzioni della magistratura, politicizzata come del resto la stampa, le università, etc.
Pur in un certo senso isolati, ci accorgemmo così che nella destra era avvenuto un ricambio generazionale originato dall’irrompere sulla scena politica di nuove schiere di militanti, i giovani nati alla fine degli anni Cinquanta ed all’inizio degli anni Sessanta. Militanti distanti dalla memoria storica del fascismo, insofferenti del nostalgismo retorico, privi anche di ogni forma di subordinazione e considerazione nei confronti dei gruppi storici della destra extraparlamentare, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale…
Ragazzi ormai lontani dai moduli stantii e dagli atteggiamenti presenti nella tradizionale iconografia e nel consueto immaginario collettivo dell’estrema destra. In cui invece noi eravamo cresciuti, anche se con la comune ansia di metterci in gioco, e di provare a cambiare il mondo. Ricordo che in certe foto, nell’abbigliamento e nello stesso linguaggio, a me che venivo dalla provincia profonda e conservatrice, mi sembravano quasi dei compagni: i capelli lunghi, gli orecchini… Ragazzi animati dalla voglia di scendere in campo, che dei loro coetanei schierati sul fronte opposto condividevano gli interrogativi, le tematiche, gli stili comportamentali, la violenza e la furia antisistema.
Ci arrivarono anche le prime cassette di musica alternativa ( è allora che scoprii che c’erano altre canzoni oltre quelle della guerra, di Leo Valeriano, e poi Lucio Battisti, di cui si mormorava di una sua appartenenza al nostro ambiente) e poi le nuove pubblicazioni, i fumetti, la grafica (la croce celtica io la conobbi allora)…
Ma comunque ci “riconoscemmo”!
Quindi anch’io fui più pronto, più capace di prestare attenzione al secondo Campo Hobbit, quello del 78, che ci sconcertò per il ruolo di Fini e di tutto il vecchio etablishment del partito, con lottizzazioni e compromessi correntizi.
Io ero sempre a Favignana insieme a Bonazzi, dove intanto ci eravamo impegnati su Quex, questo bollettino di collegamento tra noi prigionieri e l’esterno… E che alla fine è stato causa della mia più lunga vicenda processuale, iniziata a Bologna nell’82 e conclusasi a Roma, con un’assoluzione, dieci anni dopo… Eh, eh, e posso ricordare come quando alla fine ci fu il dibattimento, alla corte d’assise di Roma, con l’imputazione di stampa clandestina, il PM si mise a chiosare appunto anche il mio articolo Tolkienmania, spacciandolo come una sorta di direttiva per i Campi Hobbit e addirittura ritenendo il rifermento alla P38 come una rivendicazione, e esortazione alla lotta armata, e la citazione del waffenamt come chiara apologia di nazismo… E quando io gli replicai che da un lato mai avrei propugnato l’uso di armi forgiate per l’epopea del Reich, destinate quindi, come le spade elfiche appunto, per una lotta ideale, mitica, e non certo per azioni contro di loro, che ritenevo di bassa macelleria, e che per il resto io ero appunto nazista, e che facesse un po’ come gli pareva, il PM quasi schiattava di bile, rendendosi conto che non poteva farci nulla. Tanto che alla fine, pur essendo evidente, e anche da noi rivendicata, la stampa clandestina, ci dovettero assolvere per il disposto costituzionale sulla libertà di stampa… Eh, eh, al massimo avrebbero potuto darci una sanzione amministrativa, chessò, la radiazione dall’albo dei giornalisti, o il sequestro delle copie!
Comunque quella ridicola accusa fu sufficiente per far fare a Carlo Terracciano un paio di anni di carcere per un articolo, in un certo senso profetico: la recensione del libro di un dissidente sovietico, Amalrik, dal titolo: Riuscirà l’Unione Sovietica a sopravvivere fino al 1984? In fondo aveva sbagliato di pochi anni, e l’aver avuto ragione, allora come ora, è sempre imperdonabile!
Comunque è del terzo Campo Hobbit che ho il ricordo più chiaro e più divertente. Nel frattempo ero stato trasferito a Nuoro, dove avevo ritrovato Bonazzi, i miei coimputati Franci e Malentacchi; c’erano quello della Fenice, Azzi, De Min, Marzorati; Ferro, il coimputato di Concutelli, insomma, finalmente un po’ di compagnia, anche se sempre tutti della vecchia generazione!
E lì a Nuoro trovai anche il libro Lambro Hobbit, e spesso parlavamo del nuovo modo di intendere la militanza, e la stessa lotta armata. Piangendo i morti, deprecando gli arresti e le provocazioni.
E sempre Almirante, a presenziare ai funerali e a condannare gli arrestati, chiedendo sempre la pena di morte per i terroristi, e per me e Concutelli, la doppia pena di morte! Mentre poi negava piagnucolando l’accusa, apparsa su L’Unità, di aver firmato durante la Repubblica Sociale un bando che minacciava la pena di morte a partigiani e renitenti alla leva.
Così quando a qualcuno di noi, non ricordo chi, forse a Azzi, giunse una cartolina del Campo Hobbit, la riciclammo e la indirizzammo al “disonorevole Giorgio Almirante, Porcilaia dei deputati, Montecitorio, Roma” con il seguente messaggio,, non molto dialettico ma chiaro: “Brutto scemo, te che dici di non aver mai voluto la pena di morte dei partigiani e dei disertori durante la guerra, quando sarebbe stato tuo dovere comminargliela, ora chiedi la pena di morte per noi? Attento, che ti tiriamo giù dalle spese! Firmato: I Cavalieri Neri” E poi, le firme, mia, di Azzi e di tutti gli altri.
Ridemmo un po’ tra noi immaginandoci la faccia di Almirante se mai l’avesse ricevuta, e non ci pensammo più…
Uno o due anni dopo, stavo facendo il processo dell’Italicus, c’erano le elezioni e una sera in una Tribuna Elettorale con Almirante uno degli ospiti chiese appunto spiegazioni sulla sua richiesta di pena di morte per i terroristi. Una domanda certo concordata, perché Almirante tirò fuori di tasca la nostra cartolina, ed agitandola davanti alla telecamera gridò: “Sono Tuti e la sua banda che mi hanno condannato a morte!”
Francamente, uno dei momenti più divertenti della carcerazione!
Poi venne la strage di Bologna e le infami accuse della stampa e della magistratura, gli arresti indiscriminati che scompaginarono l’ambiente, di lì a poco anch’io sparii nel buco nero dei “braccetti” e quando ne riemersi, nell’ ’87, tutto era cambiato…
Ma non io, non noi!
Ed è un peccato che quella condanna in cartolina rimase solo uno scherzo, una boutade, perché, veramente, questi politicanti hanno sulla coscienza non solo il sangue di tanti ragazzi ma la morte di un mondo, dei nostri ideali, dei nostri sogni…
Nemmeno nei momenti più duri dei braccetti, tra pestaggi, condanne ingiuste ed isolamenti, e quando fuori la repressione e gli avversari si accanivano cupamente contro di noi con morte e persecuzioni, mai ho avuto il senso della confitta o la tentazione di arrendermi.
Il senso della sconfitta, e della fine di un mondo, lo dobbiamo a questi che passarono dai campi Hobbit e dalla militanza a fare i ministri, i governatori, i sindaci... Ma noi ci siamo ancora, e il conto è ancora da fare!
Un saluto ed un abbraccio a braccio teso!
Mario Tuti












http://www.fascinazione.info/2017/06/hobbit-40-tuti-racconta-i-miei-campi.html

sabato 24 giugno 2017

W LA FICA ! QUANDO LA NORMALITA' DIVENTA REATO

 
NOI STIAMO CON L'IMPRENDITORE DI LATINA
ECCHETELODICOAFARE
 
Quando tutto è capovolto, quando devi chieder scusa di essere normale
 
Riportiamo l'articolo dell'Amico e Camerata
 Giuseppe Parente c/o FascinAzione.info
 
Latina: imprenditore afferma i propri gusti sessuali con uno striscione e si ritrova i carabinieri a casa
Un imprenditore di Latina, le cui generalità non sono state diffuse, con uno striscione, riportante la seguente scritta : viva la fica, ha riaffermato i propri gusti sessuali, nel giorno in cui a Latina è in corso il Lazio Pride, manifestazione giunta alla sua seconda edizione, dedicata ai diritti civili per le persone gay, lesbiche, bisex e trans.
L'imprenditore poco dopo aver esposto il suo messaggi, ha ricevuto una inaspettata visita dei carabinieri che lo hanno costretto a togliere lo striscione esposto.
Questa incredibile storia ci viene raccontata, con un interessante articolo, dal quotidiano on line Latina 24 ore.
Articolo che riportiamo per intero.


Non è chiaro se l’intento dello striscione fosse provocare una risata oppure provocare… e basta. Poco dopo aver esposto il suo “messaggio”, di certo non troppo elaborato, i carabinieri hanno bussato alla sua porta. Non per complimentarsi per la sua esibizione, come forse lui si aspettava, ma per far togliere il lenzuolo dalla finestra.

Poi l’uomo, o chi per lui, ha addirittura “rivendicato” il coraggiosissimo gesto con una mail (senza firma) da un account che (ironia della scelta) è “liberidiessere”. Nella mail invoca “preghiera e libertà di diffusione”. Poi racconta come un cronista: “Carabinieri a casa di un noto imprenditore di Latina. Quello che ha esposto fuori dal suo balcone è una nota frase conosciuta sin dai banchi di scuola. “W la F…”. L’imprenditore ha voluto provocare una reazione in merito al gay pride in svolgimento oggi a Latina”.

Dopo l’introduzione c’è anche un virgolettato del noto (ma anche anonimo) imprenditore, come nei veri comunicati stampa: “Non sono un omofobo – afferma l’anonimo nuovo “poeta pontino” – ho voluto solo riaffermare i miei gusti sessuali – provocatoriamente sottolinea. Comprendo la frase di impatto forte, ma a quale impatto stiamo andando incontro noi stasera? Posso essere anche io libero di esprimere i miei gusti sessuali? Niente è banale, la mia azione provocatoria è per sottolineare il fatto che viviamo in un mondo ricco di ipocrisie. Che differenza c’è fra un gay e un etero? Nessuna! Perché dobbiamo creare minoranze? I gusti sessuali fanno parte di una sfera personale. Perché farne una manifestazione? Il sistema politico, sociale e culturale oggi è provocatorio, e induce all’omofobia. Io non ci sto e per una parità di “genere” ho voluto dire la mia. Purtroppo è durata poco la mia libertà, mi hanno costretto con le buone maniere a togliere il mio manifesto. In un paese che si definisce libero mi è sembrato tutto così strano…”.

 

venerdì 23 giugno 2017

24 giugno, San Giovanni Battista: tradizioni e riti d'amore della notte delle streghe

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24 giugno San Giovanni Battista: tradizioni e riti d'amore: la notte di San Giovanni cade tra il 23 e il 24 giugno, dopo il solstizio d'estate, ed è una notte carica di ritualità magiche, la notte dell'impossibile, dei prodigi, dei rituali d'amore e delle “streghe”.
 

24 giugno San Giovanni Battista: tradizioni e riti magici

Da secoli considerata “magica” e prodigiosa, la notte di San Giovanni, il santo asceta che battezzò Gesù,  cade tra il 23 e il 24 giugno, dopo il solstizio d'estate quando il sole e la luna si sposano donando forza e vigore a tutte le creature. Fa riaffiorare energie mistiche e divinatorie. E’ la notte dell'impossibile, dei prodigi e delle “streghe”. Porta con sé tantissime tradizioni e riti magici che ancora oggi si intrecciano alimentando e rendendo più affascinante  la cultura popolare. Tra magia, fede e superstizione vediamo le credenze e i caratteristici rituali per propiziarsi le forze benefiche della natura. Per scacciare le negatività, migliorare la bellezza e accogliere nuovi amori. E “salutare” l’arrivo dell’estate risvegliando finalmente le energie cosmiche.

E’ la notte dell’iperico: il mazzetto di San Giovanni

In questa notte i pianeti concorrono a caricare di virtù le erbe, prima fra tutte l’erba di San Giovanni: l’iperico. Chiamata così perché i suoi fiori giallo-oro sbocciano a fine giugno con l’arrivo della festa del santo (il 24 giugno). Questa erba utilizzata per curare le ferite dei crociati veniva ritenuta benefica. Con l’oscurità si raccolgono le nuove erbe per comporre il mazzetto di San Giovanni che scaccia il malocchio, porta fortuna e, se messo sotto il guanciale prima di andare a dormire, porta dolci sogni premonitori.
E’ composto da
7 erbe diverse: l'iperico, detto anche scacciadiavoli, contro il malocchio, ma anche l'artemisia per la fertilità, la ruta, la mentuccia, il rosmarino, il prezzemolo, l'aglio, la lavanda. Erbe legate al buonumore, alla prosperità, all’allontanamento del maligno e delle negatività.
 
L’olio di iperico o olio di San Giovanni
Noto come olio di San Giovanni, è un olio naturale che grazie alle sue virtù benefiche è usato soprattutto per curare gli inestetismi della pelle. Ha un’azione cicatrizzante, antisettica, emolliente ed antinfiammatoria. Facile da preparare in casa si ottiene dalla macerazione dei fiori dell’iperico. Come da tradizione il 24 giugno vengono raccolti i fiori che si mettono a macerare nell’olio sotto l’esposizione della luce per un intero ciclo lunare. Otterrete così un ottimo rimedio naturale per chi soffre di pelle secca, per chi ha problemi di psoriasi ed è un antirughe straordinario.
 

La magica rugiada di San Giovanni

Secondo la tradizione nella notte di San Giovanni cade la “rugiada degli Dei" dalla forza generatrice  ed energica. Bagnarsi gli occhi con la rugiada era un gesto di purificazione che rimandava al battesimo. Raccoglierla e poi berla allontana il malocchio e favorisce la fecondità. La rugiada di San Giovanni è ritenuta medicamentosa. Si dice, infatti, che “la guazza di San Giovanni guarisce tutti i malanni”. E’ dolce, detergente, non contiene sostanze calcaree, rinfresca la carnagione come l'acqua piovana. Purifica e porta fortuna.

Elisir di San Giovanni o Nocino

In questa speciale notte, ricca di mistero e dove tutto può succedere, si raccolgono le noci acerbe che verranno messe sotto spirito e lasciate macerare per lungo tempo. Circa due mesi dopo si puòr gustare il “Nocino”, un particolare e gustoso liquore dal potere energizzante e in alcuni casi curativo. Un ottimo digestivo di fine pasto che viene chiamato anche Elisir di San Giovanni.

La barca di San Giovanni

La notte tra il 23 e il 24 Giugno si mette un albume d'uovo in un contenitore di vetro con dell’acqua che sarà esposto alla rugiada. Secondo la tradizione, il Santo, passando, soffierà facendo apparire la sua barca. Il mattino del 24 Giugno si vedrà una base biancastra dalla quale si innalzano filamenti di diversa misura che ricordano la chiglia, gli alberi maestri e le vele di una barca. In base a come apparivano le “vele” si poteva trarre buono o cattivo auspico su come sarebbe stato il raccolto. Tradizione simile si fa per San Pietro e Paolo, patroni di Roma, infatti troviamo anche tutorial online per creare la Barca di San Pietro e Paolo.
Fatelo con i bambini, si divertiranno tantissimo.

Fuochi o falò di San Giovanni

San Giovanni, protettore dalle influenze malefiche, assicura la rinascita della luce. Per questo in tutta Europa si accendono i fuochi di S. Giovanni, grandi falò accesi nei campi in onore del sole, per propiziarsene la benevolenza e idealmente rallentarne la discesa. Si festeggia innanzitutto la potenza del Sole, luminoso, forte che combatte le tenebre, e l’inizio dell’estate. Sono centinaia i riti in Italia per la notte magica di San Giovanni, ma tutti comprendono il falò purificatore. Si bruciano le erbe vecchie, si salta il fuoco per avere fortuna, si mette la sua cenere sui capelli. 

Felce  e lumache

Solo a mezzanotte in punto, quando la felce che nasce lungo i ruscelli dei boschi fiorisce, si deve cogliere un ramo e tenerlo in casa per aumentare i propri guadagni e acquisire  la fama di saggio e la capacità di leggere il passato e prevedere il futuro. Per distruggere le avversità si mangiano poi le cosiddette lumache di San Giovanni con tutte le corna, da sempre considerate simbolo lunare di discordie e preoccupazioni. 

La premonizione dell'amore

La notte di San Giovanni celebra anche i riti magici dell’Amore: perché il 24 giugno è considerata la data più propizia per i matrimoni. In passato le giovani si rotolavano sui prati per bagnarsi della rugiada rigeneratrice e invocavano San Giovanni per conoscere volto del futuro marito. Mentre le vergini, dopo aver recitato una preghiera nude davanti allo specchio, avrebbero potuto vedere riflessa per qualche secondo l’immagine del loro sposo.
Per chi ancora non ha incontrato l’anima gemella e vuole fare il grande passo, ci sono dei “rituali” di previsione sentimentale, per “vedere" lo
sposo, magari riflesso in un pozzo o in sogno. Altrimenti si può rompere un uovo e versare solo l’albume in un recipiente d’acqua, lasciato sul davanzale della finestra perché raccolga la rugiada di San Giovanni. Il mattino seguente se troverete l’albume ricoperto di bollicine, significa che entro pochissimo incontrerete l’uomo dei sogni, alto, bello e ricco. Altra rito propiziatorio è raccogliere un cardo e bruciacchiarlo, nasconderlo in una fenditura del muro e aspettare la mattina seguente: se è verde e fresco, come appena colto, significa che ci si innamorerà felicemente corrisposte entro l’anno. Insomma si avvicina il momento perfetto per aiutare il destino e innamorarsi
 
FONTE :http://www.pianetadonna.it/notizie/tempo-libero/24-giugno-san-giovanni-battista-tradizioni-riti-notte-streghe.html

 

   
                                                                  

giovedì 22 giugno 2017

ELIO DI SCALA, PRESENTE !

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"Tenetevi i vostri giudizi borghesi, tenetevi i vostri articoli di giornali, tenetevi i vostri moralismi, tenetevi i vostri occhi in divisa, tenetevi i vostri soldi, tenetevi le vostre banche... Noi ci teniamo i nostri sogni!"
A te Elio.
 I tuoi amici, i tuoi camerati, la tua gente.
e da stanotte, a via Newton, fiori e saluti per Kapplerino...
 "Ed ora eccovi tutti insieme di nuovo, Elio, Michelino, Luca... leoni di questa città troppo spesso sorda e sorniona. Voi, sempre pronti a ruggire, spesso vittime di cacciatori infami, ma mai domi e sempre pronti a fare un passo avanti...
Ora, dopo gioie e dolori, lacrime e sorrisi, vittorie e sconfitte, vi vedo correre spalla a spalla, come sempre, in quell'angolo di cielo dedicato agli eroi ed ai combattenti.
Anche se tutti... noi no."
 
  

Come ogni anno ti ricorderemo e renderemo immortale
il tuo nome, le tue gesta, la tua anima.
Come ogni anno insieme a Marco, Giorgio e Giovanni
rose rosse e ricordi segneranno questa data.
Questo 23 giugno di "noi, felici pochi noi, manipolo di fratelli".
D'altronde sei uno dei "morti scomodi".
 Imbarazzante per riciclati e riabilitati.

Troppo bello per le loro squallide vite.



Sull’onda dell’antifascismo militante, gli anni 1970 e 1980 furono caratterizzati da innumerevoli attacchi e devastazioni alle sedi missine ma soprattutto l’uccisione di decine e decine di militanti su tutto il territorio nazionale. Molti giovani furono costretti a reagire, avvicinandosi non solo al Msi, quale forza politica ufficiale, ma anche a gruppi extraparlamentari. Tra questi Elio di Scala. Viveva a Roma in via Porta San Paolo nel quartiere Parioli insieme alla madre e alle sorelle. Era un ragazzo molto riservato ed educato, piccolo di statura ma molto determinato. Appena sedicenne iniziò a frequentare assiduamente la sede del Fuan, organizzazione universitaria legata al Msi, e successivamente si avvicinò ai Nuclei Armati Rivoluzionari, in via Siena. Soprannominato “Klepperino” per il suo coraggio e per la sua grande abilità nell’uso delle armi, fu arresto più volte dalla polizia e rinchiuso anche nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino per aver partecipato a due rapine: la prima nel 1980 e la seconda nel 1990. La terza rapina purtroppo gli fu fatale. Per autofinanziare l’organizzazione, fu deciso di assaltare la Banca Commerciale Italiana (Comit) in via Isacco Newton nel quartiere Portuense. Erano le 15:35 del 23 giugno 1994, pochi minuti dalla chiusura, quando, alcuni uomini armati di pistola, entrarono in azione. Mentre veniva prelevato il danaro dalle casse, una guardia giurata, Alfonso Tortorella, addetto la sicurezza della filiale, bloccava l’uscita riparandosi all’ interno della guardiola blindata. Nacque un furibondo conflitto a fuoco. Sul selciato caddero due uomini. La guardia giurata Tortorella, 49 anni, e Elio Di Scala 31 anni, raggiunto alla testa da un proiettile, morendo sul colpo. Ancora vivo, ma ferito gravemente un altro uomo, Fabio Gaudenzi, 22 anni, già noto alle forze dell’ordine, legato al “Movimento Politico Occidentale”. La notte successiva, in via Newton, furono deposti un mazzo di fiori e un biglietto con la scritta: “Muore un camerata, ne nascono altri cento. Elio Di Scala Presente”. Solo nel 2003, in seguito al rinvenimento in una cantina di via Nomentana civico 859 di un arsenale e documenti processuali relativo alla rapina, il Nucleo Operativo dei Carabinieri, fu in grado di individuare gli altri complici. Si trattava di Giovanni Marion e Andrea Rufino, quest’ultimo considerato il basista.
 

ROMA QUARTIERE PORTUENSE

LUOGO DELL’ UCCISIONE 

Elio Di Scala: Presente!


Sono le 15.35 del 23 giugno ’94 quando in via Isacco Newton, nel quartiere Portuense, cinque uomini, a pochi minuti dalla chiusura, entrano in azione in una agenzia della Banca Commerciale Italiana (COMIT), quattro sono entrati con le pistole in pugno, mentre il quinto è rimasto fuori, preso quanto c’era in cassa, trovano l’uscita sbrancata dall’incoscienza della guardia giurata, Alfonzo Tortorella, di 49 anni, che chiuso nella guardiola blindata si sente al sicuro, i quattro lo invitano ad aprire, al rifiuto, cominciano a sparare contro la guardiola, Tortorella, postosi in difesa delle banche usuraie, viene colpito a morte, nello scontro a fuoco viene colpito alla testa Elio Di Scala, 31 anni, capo del gruppo, che morirà sul colpo. 

Elio, negli anni 70 – 80, è uno dei tanti giovani che vivono la contrapposizione politica da eroe, con la sua attività garantisce quella libertà che il regime demo-capitalista intende togliere ai fascisti. Non accetta di subire in silenzio i continui attacchi sferrati dai servi del capitalismo che in nome dell’antifascismo devastano le sedi dei fascisti, portando in quelle sedi anche la morte, ritenne giusto reagire, muovendosi nell’entourage extraparlamentare con grande determinazione. 

Un giovane che, forse, non è al livello cultura dei “capi”, che però ammiravano il suo coraggio.

Un fascista di razza a cui affibbiarono il soprannome “Kapplerino”, per la decisione dimostrata nelle azioni e per la sua grande abilità nell’uso delle armi. 

Elio, diceva, quando si entra in questo circuito qualcosa ti cambia, nella testa: ti consideri allo stesso tempo un militante politico, un soldato, un combattente che vuole contribuire a cambiare il mondo, cercando risposte più profonde.

Elio Di Scala, è piccolo ma determinato, un ragazzo molto riservato e ben educato, abita a Roma, a Porta San Paolo (Parioli), con la madre e le sorelle. 

Appena sedicenne si infiamma dell’ideale fascista, inizia a frequentare assiduamente via Pavia dove ha sede il Fuan, (organizzazione universitaria del Msi.), successivamente si avvicina ai Nuclei armati rivoluzionari (Nar) gruppo extraparlamentare. 

I magistrati antifascisti vollero umiliarlo non solo incarcerandolo più volte, ma anche rinchiudendolo nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, metodo questo, utilizzato anche nell’ex Unione Sovietica (URSS), nei confronti dei promotori del dissenso a quel regime capitalista.

"Muore un camerata, ne nascono altri cento"
 
Un biglietto con questa dicitura e un mazzo di fiori sono stati ritrovati la mattina del 26 Giugno, davanti alla sede della Banca Commerciale di via Isacco Newton,  dove tre giorni fa persero la vita Elio Di Scala. Il biglietto si concludeva con lo slogan "Elio, presente". Sulla vicina edicola del giornalaio e' stata inoltre tracciata la scritta "Kapplerino vive" 

 
L' UNITA' 12 OTTOBRE 1993
 
L' UNITA' 24 GIUGNO 1994
 



L' UNITA' 24 GIUGNO 1994
 
L' UNITA' 24 GIUGNO 1994

 L' UNITA' 25 GIUGNO 1994
 
L' UNITA' 26 GIUGNO 1994

 L' UNITA' 19 LUGLIO 1994

 

 
 

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mercoledì 21 giugno 2017

STRAGE DI BRESCIA : INGIUSTIZIA E' FATTA

 
DA GIANCARLO ESPOSTI A CARLO MARIA MAGGI
IL COLPEVOLE "DEVE" ESSERE NERO
 
All'indomani della carneficina -nel maggio 1974- avevan già trovato il "colpevole" : tentarono di addebitare a Giancarlo Esposti la responsabilità della
strage di Piazza della Loggia   

 
« Il 30 maggio 1974 venne ucciso a Pian del Rascino, in provincia di Rieti, Giancarlo Esposti.
 « Cecchinato» a freddo dal tiratore scelto dei carabinieri, maresciallo Filippi. L’episodio, frettolosamente archiviato come conflitto a fuoco, avvenne due giorni dopo l’attentato di Piazza della Loggia a Brescia. 
L’identikit (a volto sbarbato) del giovane era apparso su tutti i giornali.
 
Quindi era « wanted» e non vivo o morto, ma solo morto. 
Nell’intenzione dei solerti « operatori di giustizia» , era stato prescelto come lo stragista, e la sua morte tra i monti del reatino avrebbe dovuto costituire il suggello di una ben congegnata operazione a regia, diretta ad attribuire ai fascisti la responsabilità della strage di Brescia.
 
Gli « operatori» ignoravano soltanto il fatto che Giancarlo Esposti si era lasciato crescere una folta barba…» 
Quella barba non salvò la vita a Giancarlo, ma lo salvò dall'infame accusa di stragista
 
Ma il "film" era iniziato, e doveva continuare.
 
Oltre 40 anni, con 4 indagini diverse, cambi di imputati e testimoni  per mantenere in piedi la "loro" verità di comodo, quella verità precostituita che esula dalla verità giudiziaria.
Anzi, la prevarica - perchè appunto precostituita.
Un continuo susseguirsi di processi indiziari che hanno portato alla condanna definitiva di Carlo Maria Maggi, ultraottuagenario gravemente malato , ora agli arresti domicilari.
 
La democrazia d'altronde non può condannare se stessa: ingiustizia è fatta !
 
Avanguardia Berghem
 
 
 
 
 

lunedì 19 giugno 2017

Vaccini: cronologia di una dittatura

 
«Tutti i politicanti italidioti e i camici bianchi venduti al miglior offerente che vogliono imporre mediante la violenza istituzionale la vaccinazione obbligatoria, diano il buon esempio con l'inoculazione in diretta televisiva di un bel siringone di dodecavalente con richiami ogni tanto».
Condivido in pieno quanto scritto da Gianni Lannes.

Visto che i vaccini fanno così bene e sono assolutamente privi di qualsiasi effetto collaterale, voi medici che sbraitate e voi politicanti che votate leggi incostituzionali dovreste farveli inoculare in diretta tv facendo poi i richiami ogni 4/5 anni. Dovete però farvi inoculare veri vaccini, pregni di virus attenuati (e non), chimica adiuvante (idrossido di alluminio, formaldeide, antibiotici, cellule diploidi umane di feti abortiti, ecc.) e non acqua fisiologica come sempre accade davanti alle telecamere. Sareste forse un po’ più credibili agli occhi delle persone.
Ululano come licantropi in luna piena e poi il 90% dei camici bianchi ospedalieri non ha copertura vaccinale, per non parlare dei loro figli e di chi legifera in Parlamento.
Credete veramente alla idiozia dell’effetto gregge? Allora fatevi vaccinare in massa: date l’esempio!
Purtroppo gli esempi che state dando sono di ignoranza, stupidità, malaffare, intrighi e collusioni.
Cronologia di una dittatura

Attenzione alle date…
Tutto inizia il 2 aprile 2014 quando il premier Matteo Renzi è ricevuto nella City di Londra per incontrare i massimi dirigenti di Vodafone; Lloyds; British Bankers Association; BAE Systems; Credit Suisse; BP; HSBC holdings; London Stock Exchange; PwC LLP; Silver Lake; BT Group.
La creme della creme globalista da gli ordini al «pinocchietto toscano»…
Il 29 settembre 2014 a Washington avviene qualcosa di molto interessante.
Da quel giorno e per i successivi cinque anni (fino al 2019) l’Italia guiderà le strategie e le campagne vaccinali nel mondo. Chi lo ha deciso? Lo Zio Sam, per voce del Global Health Security Agenda (GHSA) che si è riunito alla Casa Bianca.
L’Italia purtroppo era rappresentata dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, dal Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) Sergio Pecorelli e da uno strano figuro, il dottor Ranieri Guerra, consigliere scientifico dell’ambasciata a Washington che sarà presente alla conferenza stampa a giugno 2017 dopo la pubblicazione del decreto sui vaccini in Gazzetta Ufficiale.
Il 7 ottobre 2014 il primo ministro pro tempore Matteo Renzi incontra i dirigenti delle multinazionali del farmaco per approntare una strategia comune di vendita della merce.
E’ la prima volta che un primo ministro incontra un gruppo di Ceo della farmaceutica a Palazzo Chigi.
Presenti all’incontro: Pier Carlo Padoan, Federica Guidi, Beatrice Lorenzin, Maria Elena Boschi e il sottosegretario Luca Lotti.
A novembre 2015 la mamma Lorenzin è invitata a cena da Federfarma Roma. Numerose foto l’hanno immortalata in tailleur nero che scherza a tavola con la cricca farmaceutica…
Dicembre 2015 la Glaxo se ne esce titolando nei giornali a caratteri cubitali: «Esubero di personale alla Glaxo di Siena»; «Glaxo, è allarme licenziamenti»; «E a Verona chiude la Glaxo. Senza lavoro 600 ricercatori».
A metà dicembre il direttore dell’AIFA Sergio Pecorelli, quello presente alla Casa Bianca per l’investitura ufficiale è stato costretto a dimettersi per «gravi conflitti d’interesse» con le lobbies farmaceutiche ovviamente. Si dice che l’AIFA abbia elargito 20 milioni di euro alla Glaxo…
Ad aprile 2016 colpo di scena: la Glaxo che solo qualche mese prima doveva chiudere, magicamente ora investe 1 miliardo di euro in Italia. Perché l’azienda leader mondiale di vaccini investe in Italia? Per caso i dirigenti si attendevano un’escalation di patologie infettive?
Non tutti sanno che il cuore del business dei vaccini è in due città: Siena dove si fa R&S (Ricerca & Sviluppo) e Pisa dove avviene la produzione vera.
Qual è la regione dove è partita la falsa epidemia di meningite? Esatto la Toscana la regione controllata dal partito e dagli amici di Renzi…
Nella primavera del 2016 inizia l’accanimento nei confronti di medici e ricercatori che mettono in discussione non solo i vaccini in quanto tali, ma la pratica vaccinale.
A luglio 2016 avviene il passaggio cruciale: la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) pubblica il «Documento sui vaccini».
Ricorda molto il Malleus Maleficarum (Il Martello delle Streghe), il testo scritto dai frati domenicani e pubblicato nel 1487 che diede inizio alla ferocissima repressione della santissima Inquisizione.
Il 29 settembre 2016 al congresso alla GSK dal titolo «Come sarà la vaccinazione del futuro?» figura tra gli ospiti d’onore un certo Matteo Renzi. Dalla sala della più importante multinazionale che produce vaccini Renzi propone pubblicamente di radiare i medici che mettono in discussione i vaccini.
Dopo la pubblicazione del documento della FNOMCeO e le folli dichiarazioni del premier colluso con le industrie, iniziano guarda caso le prime radiazioni dei medici coinvolti.
Il 19 maggio 2017 i tre cervelli sopraffini del parlamento: Beatrice Lorenzin, Maria Elena Boschi e Valeria Fedeli presentano il decreto legge per instaurare con la forza e la repressione le vaccinazioni di massa, triplicandone il numero: da 4 a 12.
Il 7 giugno 2017 il presidente della repubblica Sergio Mattarella, ex giudice costituzionale, firma uno dei decreto più incostituzionali che si siano mai visti. Il decreto, nonostante non vi sia nessuna urgenza, nonostante non vi sia nessuna epidemia o rischio per la salute pubblica viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Ora si attende la conversione in legge che deve avvenire entro 60 giorni dalla pubblicazione.
Alla conferenza stampa del Ministero della Salute oltre alla ministra diplomata al classico vi era anche il dottor Ranieri Guerra visto prima. Cosa c’entra il consigliere scientifico dell’ambasciata di Washington a Roma?
C’entra eccome. Si tratta di un medico pluri-specializzato dotato di un curriculum eccezionale con incarichi prestigiosi nazionali ed internazionali a non finire.
La cosa molto interessante è che si tratta del Consigliere di Amministrazione della Fondazione Glaxo-Smith-Kline e della Società Exosomics di Siena presso Siena Biotech Fondazione Monte dei Paschi…
Ranieri è il perfetto anello di congiunzione tra le istituzioni, la Glaxo, il ruolo dell’Italia quale «Capofila delle politiche vaccinali mondiali» e il decreto Lorenzin.
Tutto torna alla perfezione.
Ma ovviamente lo stanno facendo per la salute dei nostri bambini che rischiano di morire tragicamente di varicella, pertosse e morbillo: terribili flagelli del Terzo millennio.
Marcello Pamio