venerdì 2 settembre 2016

LETTERA A UNA DIRETTRICE - di Mario Tuti

Lettera a una Direttrice - di Mario Tuti
(Tratto dal Blog Nazionale - clicca qui https://avanguardianazionale1960.blogspot.it/

E’ giusto una settimana da quando Lei mi ha chiamato nel Suo ufficio per dirmi che il Ministero di Grazia e Giustizia, dopo più di un anno di rinvii e indugi, aveva finalmente risposto alla proposta di assegnazione ad un lavoro esterno nel campo dell’assistenza ai disabili, avanzata all’unanimità da tutta l’equipe trattamentale del carcere, e respingendola in termini talmente duri e categorici da escludere tale possibilità anche per il futuro.


E come se non fosse bastato, dopo 24 anni di galera, anche questo anno di inutili progetti e speranze deluse – e non parlo solo di me, ma soprattutto di chi, all’esterno, si era impegnato per darmi una mano - Lei, forse anche seccata di essersi così esposta con “li superiori”, ha poi ipotizzato che tali preclusioni e chiusure, cui il Ministero non dava alcuna concreta motivazione, fossero solo colpa mia: per il rifiuto di parlare coi “servizi” che ancora poco tempo fa erano venuti ad interrogarmi, oppure per la presenza di qualche inconfessabile scheletro nei miei armadi, o magari per qualche vecchia marachella da dozzina che non fu gradita in alto loco.
Mi era stato facile allora replicarLe che, visto che tutti i brigatisti del caso Moro erano usciti al massimo dopo una dozzina d’anni, e chi era andato a raccontare ai giudici di sedute spiritiche e di rivelazioni avute dal fantasma di La Pira era diventato anche primo ministro, forse mi stavo facendo la galera perché io non avevo misteri e complicità più o meno inquietanti su cui mercanteggiare. E anche riguardo ai “servizi”, quando mi avevano proposto di collaborare, anche confidenzialmente, in cambio della scarcerazione, io, per dire tutto quello che sapevo sulle stragi, la P2 e il resto, avevo posto come sola condizione di farlo in diretta televisiva… ma si vede che la cosa non gli interessò perché non si sono più fatti sentire, come del resto quelli della Commissione Stragi. Mentre per la vecchia storia di Porto Azzurro, e l’aver fatto fare una settimana di carcere a guardie e direttore, in fondo avevo solo precorso i più avanzati indirizzi legislativi, che in alcune proposte, come quella dell’on. Sgarbi, prevedono appunto un breve soggiorno da questa parte delle sbarre per gli operatori della giustizia… Forse allora non mi hanno mai perdonato, come sempre succede, per non aver poi loro mantenuto le tante promesse che ci fecero impegnando il loro onore, Amnesty International, alti prelati (e già si parlava appunto di lavoro esterno e di permessi), ma mi creda, non è che anche all’epoca avessi dato molto peso alle loro parole, solo che quella volta preferii esercitare la misericordia anziché la violenza… E si vede allora che verità e virtù, in questi tempi e in questi luoghi, sono davvero imperdonabili!
E avevo poi concluso che di fronte a certe inspiegabili e persecutorie decisioni del Ministero, mi rimaneva comunque la speranza di una prossima “soluzione politica”… Ma Lei mi ha consigliato di non esserne troppo sicuro, perché nell’ultima nota ministeriale sui detenuti ad elevato indice di vigilanza (e di sicuro foriera di ulteriori chiusure e differenziazioni) io ero stato escluso dall’elenco dei prigionieri politici, e messo coi “comuni”: insomma mi avevano squalificato proprio in vista del traguardo… Proprio come Pantani!
A parte le battute, e quella sorta di vanità nel vedermi elevato al rango di prigioniero di stato, al centro di chissà quali occulte macchinazioni della consorteria ministeriale, proprio per le ultime, clamorose notizie apparse sulla stampa e in televisione, con lo svelamento delle più segrete trame e personalità dell’eversione, visto ormai scoperto il gioco, ho deciso di confessare tutto, dissociandomi e consegnando anche le armi pur di poter finalmente uscire anch’io.
Perché ora che è stato individuato il grande vecchio delle brigate rosse, il compositore e pianista Igor Markevithc, posso finalmente confessare che, da bravo apprendista, anch’io stavo studiando musica, ma sono pronto a strappare pubblicamente quest’ultima pagella del Conservatorio, così gravida di otto e di nove, e a consegnare non solo la tastiera musicale ma anche la fisarmonica che state ancora tenendo negli armadi del magazzino - forse lo scheletro di cui mi accusava? - e sono per fino disposto a dare tutte le indicazioni per il recupero dei piani che avevo preparato per l’allestimento di un’opera lirica nella prossima stagione del Regio di Parma, rinunciando anche, con grande sollievo dei miei compagni di detenzione, a realizzare CD multimediali e concerti di musica d’avanguardia. E, spezzata la bacchetta da direttore, prometto solennemente che, lasciate ormai da tempo le bande armate, da oggi e per il futuro non mi occuperò nemmeno delle ben più pericolose bande musicali!
Spero allora che il Ministero di Grazia e Giustizia tenga nel debito conto questa mia confessione di resa e la rinuncia ad ogni trama musicale, e voglia così offrire anche a me, come agli altri brigatisti rossi e neri, oltre alla libertà, la consueta partecipazione ai talk show televisivi, i rimborsi milionari per i servizi arretrati in carcere e quanto altro spetta a chi ha finalmente accettato il suo ruolo…
Altrimenti ci sarà da pensare che siano proprio le decisioni del Ministero a nascondere chissà quali inconfessabili moventi, e che tutta la storia della declassificazione e del lavoro esterno sia stata una sorta di gioco delle parti: una provocazione, e una persecuzione, da parte di piccoli funzionari che non hanno nemmeno il coraggio delle loro azioni e convinzioni,  e che tradisce solo una inquietante nostalgia degli “anni di piombo” e dell’emergenza - come già aveva denunciato Dallapiccola  in quella sua bellissima opera dodecafonica: “Il Prigioniero o La tortura della speranza”.
Da parte mia, siccome la farsa è sempre più vera e nobile della tragedia, preferisco cercare altra e alta soddisfazione contro tutti i persecutori e i “tragicatori” del Ministero sfidando il Guardasigilli in un’ordalia (istituto giuridico questo che, oltre ad essere stato recentemente depenalizzato, dovrebbe anche essere ben familiare a Diliberto, sia per i suoi studi di diritto medievale che per il precedente andato in onda su “Striscia la Notizia”, con gli “spiritosi” propositi del Ministro per sfide a base di Cannonau con contorno di Asinelli arrosto e latitanti sardi): una singolar tenzone allora, a colpi di tavernello, e naturalmente all’ultimo bicchiere.
“In vino veritas”: e sicuro delle mie ragioni e della forza della verità, lascio cavallerescamente al Guardasigilli la scelta delle bottiglie e le questioni di etichetta - e se come padrini vorrà ancora i latitanti sardi, lasci anche a me, per quest’ultima sfida, di accompagnarmi alla fisarmonica..
Alla salute allora, e vinca il migliore!

Con Osservanza

dal carcere di Voghera, 9 giugno 1999
            
Mario Tuti 

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