lunedì 6 febbraio 2017

NORMA COSSETTO, UNA MARTIRE ITALIANA

 
 
Medaglia d' oro al merito civile alla memoria
«Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio.»
— Villa Surani (Istria) – 5 Ottobre 1943
 

 

Norma Cossetto (Santa Domenica di Visinada, 17 Maggio 1920 - Antignana o foiba di Villa Surani, 4 o 5 ottobre 1943 ) è stata una studentessa italiana,  istriana di un paese vicino Visignano,  vittima dei partigiani titini dell' esercito popolare di liberazioni della Iugoslavia. 
Norma viveva a San Domenico di Visinada e si stava laureando in lettere e filosofia all'università di Padova. Norma Cossetto
apparteneva a una nota famiglia di possidenti fascisti: il padre Giuseppe Cossetto era un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista ricoprendo a lungo l'incarico di segretario politico del Fascio locale e di commissario governativo delle Casse Rurali. Inoltre fu anche podestà di Visinada.
 Nel 1943 era ufficiale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e in seguito ai fatti dell'8 settembre fu trasferito presso il Comando della Milizia di Trieste.  Pochi giorni dopo la morte di Norma fu ucciso e anch'esso infoibato.

Nel 1939, diplomatasi presso il Regio Liceo Vittorio Emanuele III di Gorizia, Norma Cossetto si iscrisse all' Università di Padova e aderì ai Gruppi Universitari Fascisti della più vicina Pola. A partire dal 1941 alternò lo studio a supplenze scolastiche a Pisino e a Parenzo.
Nell'estate 1943 stava preparando la tesi di laurea intitolata Istria Rossa (riferita alla terra ricca di bauxite  dell' Istria) e aveva come insegnante di geografia che ne seguiva la tesi il prof. Arrigo Lorenzi, Norma spesso girava in bicicletta per i paesi dell'Istria visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi che le consentissero di sviluppare la sua tesi di laurea.
Dopo l'8 settembre, secondo la testimonianza della sorella Licia, la famiglia cominciò a ricevere minacce anche armate. Il 25 settembre 1943, diciassette giorni dopo la capitolazione dell'Italia e il disfacimento dell'esercito, un gruppo di partigiani titini, appoggiati dai partigiani comunisti italiani approfittando dello sbandamento genera­le, irruppe in casa Cossetto, razziando ogni cosa:
« Ci hanno portato via tutto. Si sono presi anche le divise di papà, che in seguito hanno indossato cucendoci sopra la stella rossa!...Una volta hanno anche sparato in casa. La mamma era terrorizzata e anche noi ragazze. Tuttavia, Norma era un po' più ottimista e sperava che tutto questo disordine anche morale si dissolvesse presto. »
(Dal racconto di Licia Cossetto, sorella di Norma.)
Il 26 settembre 1943 un partigiano di nome Giorgio si recò a casa dei Cossetto convocando Norma al Comando partigiano nell'ex caserma dei Carabinieri di Visignano.   Il comando partigiano era composto da partigiani comunisti sia italiani sia slavi. Qui dopo essere stata interrogata, le fu poi richiesto di entrare nel movimento partigiano,   proposta che Norma rifiutò.  A quel punto Norma fu rilasciata.

Il giorno successivo il 27 settembre Norma fu arrestata dai partigiani insieme ad ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici tra i quali Eugenio Cossetto, Antonio Posar, Antonio Ferrarin, Alda Riosa vedova Mechis in Sciortino, Maria Valenti, Umberto Zotter ed altri, numerosi abitanti di San Domenico, Castellier, Ghedda, Villanova e Parenz. I prigionieri furono tutti confinati nella ex caserma della Guardi di Finanza a Parenzo. Qui fu raggiunta dalla sorella Lidia che tentò inutilmente di ottenerne il rilascio. Un paio di giorni dopo i tedeschi occuparono Visinada così i partigiani sentendosi minacciati, in nottata a bordo di un autocarro, trasferirono tutti i prigionieri nella scuola di Antignana  trasformata in prigione.
Nella scuola di Antignana, Norma fu separata dagli altri prigionieri. Tra il primo e il 4 ottobre Norma, legata nuda ad un tavolo, fu sottoposta a sevizie e stuprata  dai suoi carcerieri. Secondo alcune testimonianze erano 17.
L'episodio della violenza carnale fu poi riferito da una donna abitante davanti l'ex caserma, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse vedendo Norma legata al tavolo.
« Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l'abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all'addome.... Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l'abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: "Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch'io"» »
(Dal racconto di Licia Cossetto, sorella di Norma)
La notte tra il 4 e 5 ottobre Norma e gli altri ventisei prigionieri legati col fil di ferro, furono costretti a spostarsi a piedi fino a Villa Surani. Qui, ancora vivi, furono gettati nella foiba   li vicina. Norma e le altre donne prima di essere uccise furono nuovamente sottoposte a violenze.
Poco tempo dopo anche la sorella Lidia fu arrestata e dopo un lungo interrogatorio rilasciata con la minaccia di venir nuovamente arrestata.

« Anch'io qualche tempo dopo sono stata arrestata. Mi prelevarono un pomeriggio, gente del posto, e mi portarono preso la scuola di Castellier, per interrogarmi: volevano sapere dove fosse mio padre e altre notizie sulla nostra famiglia, inoltre insistevano perché io aderissi alla loro causa. Al mio rifiuto mi riaccompagnarono a casa, sempre sotto scorta, e mi dissero che mi avrebbero ripresa al più presto. »
(Dal racconto di Licia Cossetto, sorella di Norma)



 
Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d'arma da taglio e altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri.

A seguito di denuncia da parte della sorella Lidia, i soldati tedeschi catturarono sedici dei suoi assassini e li costrinsero a passare la notte in piedi vegliando la salma di Norma, prima di essere fucilati all'alba del giorno successivo: tre partigiani impazzirono. Il cadavere di Norma fu composto nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Santa Domenica.
Norma riposa assieme al padre nel cimitero di S. Domenica di Visinada, una frazione di Visignano. 
Nell' autunno 1944  a Trieste  nacque il Gruppo d' Azione Femminile " Norma Cossetto"  dipendente dalla federazione del PFR  , unico esempio di corpo paramilitare femminile della Repubblica Sociale Italiana.  



L' Università di Padova  su proposta del rettore,  Concetto Marchesi, e del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, le conferì la laureaad honorem sei anni dopo la morte.


 
 
L'8 febbraio 2005  l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi  ha insignito Norma Cossetto della Medaglia d' oro al merito civile. 
Il 10 febbraio 2011  l'Università degli Studi di Padova e Il Comune di Padova, nell'ambito delle celebrazioni per la Giornata del Ricordo in memoria delle vittime delle Foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, ha scoperto nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo' (sede del Rettorato e della Facoltà di giurisprudenza) una targa commemorativa della morte di Norma Cossetto e della laurea honoris causa lei attribuita. Il Comune di Narni (Terni)   nel luglio 2011  le ha dedicato una via, come il Comune di Bolzano , intitolando una via a Norma Cossetto il 22 ottobre 2012. 


 
 

AGGHIACCIANTE RACCONTO DELLA SORELLA LUCIA:

« Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome…. Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”» »

 
 
 

 
 

 
 

 
 



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