FRANCESCO "FRANCO" COLOMBO, COMANDANTE DELLA "MUTI"
EROE IMMORTALE
Un estratto del suo discorso al momento dello scioglimento della Legione Autonoma:
«Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino in fondo. Ci siamo battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta fosse dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per sopravvivere; perché l'Italia riprendesse quel posto segnato da millenni di storia. Per il domani, una volta raggiunta la pace, vi sono speranze. Forse molte più di quanto non immaginiamo. E' necessario riaffermare il valore sacro dei nostri principi, i principi del Fascismo.
Dovremo denunciare i futuri falsificatori della Storia, indicandoli come dei servili mercanti. La storia della nostra Legione è stata breve ma intensa. Non disperdiamone il seme. »
Davanti al plotone di esecuzione disse:
“FATE VELOCE A FUCILARMI CHE MI FATE SCHIFO E NON SIETE DEGNI DI STARMI DAVANTI” concluse con :
“ E ANDATE A CAGARE”
dopodichè partì la scarica di mitra
1922
Una immagine della “Randaccio”, che poi confluirà nella “Sciesa”, facendone la più forte squadra milanese, tra gli squadristi ritratti ci dovrebbe essere anche Franco Colombo, il futuro Comandante della “Muti”
FRANCO COLOMBO : IN CARCERE MA INNOCENTE
Dopo la conquista del potere, personaggi come Colombo divennero “naturalmente” scomodi per il fascismo, che pure tanto al loro doveva e al quale loro non volevano rinunciare. Molti sparirono dalla scena pubblica, altri a malincuore, per ragioni alimentari, si intrupparono nella Milizia, il futuro Comandante della Muti continuò a frequentare l’ambiente milanese (il suo nome compare spesso in allarmati rapporti prefettizi su manovre “di fronda”), nel quale poteva contare sull’amicizia del federale Giampaoli e dello stesso Arnaldo Mussolini. Diventato responsabile del Gruppo Rionale Fascista “Ludovico Montegani” ebbe modo di mettere in mostra le sue capacità organizzative, finche non incappò in un brutto incidente. La sera del 19 settembre del 1926, accompagnato da un iscritto al gruppo, tale Franco Giuseppe Carbone, si reca ad incontrare l’avvocato Alessandro Garavaglia, esponente anche lui del fascismo locale, per regolare alcune questioni finanziarie in sospeso (i due avevano avuto in comune un’impresa di auto pubbliche poi fallita). La discussione si fa animata, finchè si intromette il Carbone che spara all’avvocato, uccidendolo. Ci sono testimoni (e la vecchia ruggine è nota), per cui nel giro di poche ore lo sparatore e Colombo sono associati a San Vittore. Dopo sei mesi la piena confessione del Carbone che si assume ogni responsabilità e l’accertata assenza di ogni premeditazione, fanno però scarcerare Colombo, accolto all’uscita dal carcere da una manifestazione di affetto dei suoi uomini. Meno ben disposti si dimostrano i dirigenti locali del fascismo: Giampaoli non può difenderlo più di tanto perché a sua volta oggetto di attacchi di “cordate” avverse, e il 9 aprile del ’27 Colombo è espulso dal Partito per indegnità, nonostante la sua estraneità al fatto delittuoso sia provata. Da allora in poi tirerà avanti con fatica, con lavoretti che lo porteranno anche in Sicilia per un certo periodo, finchè, a luglio del ’43, per vie non ancora ben chiarite sarà tra gli squadristi in cerca di un contatto con Muti e in attività per trovare il modo di liberare Mussolini Nelle ore immediatamente successive alla resa riapre la federazione milanese, con un gruppo di vecchi squadristi, e il 18 fonda una squadra, la “Ettore Muti”, con sede in via della Zecca Vecchia.
Il biglietto che da carcere Colombo indirizzò a Mussolini, un'altra prova
che non era proprio l'ultimo arrivato sulla scena del primo fascismo milanese
Francesco Colombo, detto "Franco" nato a Milano, 26 luglio 1899 – ucciso a Lenno, 29 aprile 1945).
Fu il comandante della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti.
Nel 1918, arruolato nel Regio Esercito insieme ai cosiddetti "Ragazzi del '99", partecipò alla prima guerra mondiale come aviere e fu squadrista della prima ora. Dopo la conquista del potere da parte del fascismo divenne responsabile del Gruppo rionale "Montegani" intitolato ad un aviatore caduto nella prima guerra mondiale.
MILANO OTTOBRE 1943 FRANCO COLOMBO CON I SUOI LEGIONARI
L’ESEMPIO DI GARIBALDI
Franco Colombo, sotto accusa per alcune discutibili adesioni alla Muti, spiega le sue ragioni al federale Resega: “Quando Garibaldi partì da Quarto per andare a liberare l’Italia, non chiese ai suoi garibaldini di presentare all’imbarco sul Rubattino il certificato penale. Eppure, fece l’Italia ! Io, che tu dici che sono un balordo, con i miei balordi faremo piazza pulita dei traditori, dei gerarchi vigliacchi, del’antifascismo....Li hai visti i gerarconi di allora dare adesione al nuovo fascismo repubblicano ? No ! Quelli non ci sono più, hanno tradito. Ma ci siamo noi ora, Resega. Sta tranquillo che ce la faremo !”
(in: Massimiliano Griner, La pupilla del duce, Torino 2004)
IL COMUNICATO DELL'INCONTRO TRA COLOMBO E MUSSOLINI
AVVENUTO A GARGANO L' 8 OTTOBRE 1944
AVVENUTO A GARGANO L' 8 OTTOBRE 1944
La squadra d'azione Ettore Muti
Il 18 settembre 1943, fu costituita ufficialmente la Squadra d'Azione Ettore Muti inglobando altre quattro squadre formatesi precedentemente sotto il comando di Francesco Colombo. Le prime reclute furono arruolate tra fascisti di provata fede.
Quando Aldo Resega, nuovo segretario cittadino del risorto Partito Fascista Repubblicano, lo incontrò per la prima volta dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, mentre si stava installando nei locali della federazione del P.F.R. criticò la presenza all'interno della squadra di alcuni elementi di dubbia moralità e gli chiese di operare una selezione, ma Colombo gli rispose:
« Quando Garibaldi partì da Quarto per andare a liberare l'Italia non chiese ai suoi garibaldini di presentare all'imbarco sul Rubattino il certificato penale...Eppure fece l'Italia! Io, che tu definisci un balordo, con i miei balordi, farò piazza pulita dai traditori, dai gerarchi vigliacchi, dall'antifascismo...Li hai visti i gerarconi di allora aderire al nuovo fascismo repubblicano?
No!... quelli non ci sono più: hanno tradito! Ma ci siamo noi ora, stà tranquillo, Resega, che ce la faremo! Tutti i giorni ci ammazzano e tu vuoi che si faccia la fine del topo? Quali forze abbiamo che facciano rispettare le nostre vite, le nostre famiglie e le nostre case? Ora provvederà lo squadrismo milanese! »
(Francesco Colombo rispondendo alle obiezioni del federale Aldo Resega)
Questa presa di posizione determinò la nascita di due distinte correnti nella città di Milano: quella moderata, che faceva capo allo stesso federale Aldo Resega e poi a Vincenzo Costa e sostanzialmente alla maggioranza degli iscritti al Partito Fascista Repubblicano, e quella estremista, capeggiata dal comandante della Muti.
Il 16 dicembre, come testimoniato dal vice federale Vincenzo Costa, si approvò nel corso di una riunione del PFR lo scioglimento della Squadra d'Azione:
« Resega aveva presentato un elenco di elementi dal passato turbolento, già espulsi dal vecchio partito e tra quelli da
eliminare dalla vita politica del nuovo partito erano nomi noti, tra i quali Alemagna, vice comandante della squadra Muti, e l'avvocato Mistretta. Anche il capo della squadra politica aveva redatto un simile elenco che in qualche caso coincideva con quello di Resega. Lo scioglimento delle squadre d'azione avrebbe provocato certamente la ribellione di alcuni loro componenti, che avrebbero visto nei provvedimenti un cedimento che lasciava campo libero agli antifascisti; il questore Coglitore assicurò al ministro degli Interni che l'arresto dei designati all'epurazione sarebbe avvenuto da mezzanotte all'alba del 19 dicembre con un'operazione simultanea. »
(Vincenzo Costa nel suo diario in data 16 dicembre 1943)
Ma furono gli omicidi, commessi dai GAP, di Piero de Angeli il 17 dicembre e la mattina dopo dello stesso federale Aldo Resega a far prevalere momentaneamente la fazione di Colombo e della sua Squadra.
« Da oggi noi squadristi prenderemo il comando di Milano; basta con la bontà, con la generosità: qui ci fanno fuori tutti! »
(Dichiarazione di Francesco Colombo in seguito all'omicidio di Aldo Resega)
Colombò elevò a federale di Milano, Dante Boattini. Il questore Domenico Coglitore che si era dimesso in seguito all'omicidio di Aldo Resega fu sostituito con il colonnello Camillo Santamaria Nicolini. Il nuovo federale Boattini decise di non procedere più allo scioglimento della "Muti".
Comandante della Legione Autonoma
Mobile Ettore Muti
La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti nacque ufficialmente il 18 marzo 1944 e Colombo fu nominato questore dal Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, grado corrispondente nell'esercito al grado di colonnello.
Il 19 marzo 1944 Colombo partì per il Piemonte insieme ai primi scaglioni della Legione che si recavano in zona operativa (1º Battaglione “Aldo Resega”, 2º Battaglione “De Angeli” e Compagnia speciale "Baragiotta"). Costituì quindi il comando nell'ex sede della Gioventù italiana del littorio di Cuneo. Rientrò a Milano il 27 marzo lasciando il comando delle operazioni militari al tenente colonnello Ampelio Spadoni. Qui i reparti della "Muti" furono impiegati principalmente nel presidio delle principali località del cuneese e nell'attività di rastrellamento. Dopo il 28 maggio alcune compagnie furono dislocate anche nel vercellese.
Il 7 giugno in località Brossasco Colombo fu lievemente ferito nel corso di una imboscata mentre effettuava uno dei suoi consueti giri di ispezione nel cuneese, mentre il 14 agosto assumendo direttamente il comando della Compagnia Speciale "Baragiotta-Salines" partecipò a un rastrellamento a Varzi in provincia di Pavia.
Il ridotto della Valtellina
Negli ultimi giorni della RSI, anzi nelle ultime ore, Colombo suggerì al Duce di preferire il ridotto valtellinese assicurando che anche in quello i "documenti" (il famoso carteggio oggetto delle mire di Winston Churchill) sarebbero stati protetti altrettanto bene che in Svizzera. Quando Mussolini lasciò Milano fu scortato anche da arditi della "Muti". Colombo, dopo aver inutilmente atteso i reparti provenienti dal Piemonte, partì per Como il 26 aprile con circa 200 legionari rimasti ancora a Milano ricongiungendosi con Pavolini. Avendo perso Mussolini nel frattempo ripartito per Menaggio la colonna fascista stipulò un accordo con il CLN per avere libero transito, ma il mattino del 27 aprile, contravvenendo agli accordi, i partigiani bloccarono la strada presso Cernobbio intimando la resa. I reparti fascisti furono sciolti. Anche Colombo si risolse a sciogliere i reparti della "Muti":
« Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino in fondo. Ci siamo battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta fosse dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per sopravvivere; perché l'Italia riprendesse quel posto segnato da millenni di storia. Ma ora ho il dovere di impedire inutili spargimenti di sangue. Mi hanno assicurato che quelli che non si sono macchiati di gravi reati saranno lasciati liber. Questo è il momento più brutto della nostra vita, ma dobbiamo sopravvivere. Per il domani, una volta raggiunta la pace, vi sono speranze. Forse molte più di quanto non immaginiamo. E' necessario riaffermare il valore sacro dei nostri principi, i principi del Fascismo. Dovremo denunciare i futuri falsificatori della Storia, indicandoli come dei servili mercanti. La storia della nostra Legione è stata breve ma intensa. Non disperdiamone il seme. »
(Francesco Colombo scioglie i reparti della "Muti" giunti fino a Como)
Telegramma di Mussolini a Colombo nel primo anniversario della fondazione della Muti
La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti è sciolta da Colombo alle 8 del mattino del 27 aprile. Il Comandante raduna i suoi uomini nella piazza dell’imbarcadero di Como e comunica loro malinconicamente che il giuramento alla RSI è da ritenersi sciolto. Riaffermeremo ovunque i principi sacri del Fascismo. La storia della nostra Legione è stata breve, ma intensa. Non disperdiamone il seme. Questo è il momento più brutto della nostra vita, ma l’Italia dovrà un giorno riprendere quel posto tracciato da millenni di storia. La nostra battaglia sarà la medesima: lo spirito al di sopra della materia, l’eroismo come legge morale. Sono certo che nessuno di voi, tornando dai propri cari, dimenticherà l’alto insegnamento etico che la Legione, schieramento di punta del Fascismo in armi, vi ha fornito in questo breve periodo. Protettori dei deboli e dei diseredati, amici degli umili, temerari come nessuno in battaglia, voi arditi avete onorato la sacra consegna del Duce e dei nostri martiri. Grazie ragazzi: sono orgoglioso di voi! Quando Colombo pronuncia le ultime parole con cui li congeda, gli arditi hanno gli occhi lucidi, i loro volti sono rigati dalle lacrime. Sentono dentro la loro anima tutto il peso di una sconfitta di civiltà, per realizzare la quale si sono mobilitate le più alte potenze plutocratiche e tecnocratiche della storia. Un immenso sentimento di malinconia, struggente e inspiegabile, rimarrà nell’anima a ricordo dell’esperienza legionaria. Ma quasi tutti, tra loro, saranno uccisi nella via del ritorno. Decine e decine, vittime di stragi, saranno brutalmente eliminati in seguito a torture. Alcuni, non identificati, spariranno bruciati negli inceneritori nei sotterranei della stazione centrale di Milano. Quei pochissimi che, invece, riusciranno miracolosamente a sopravvivere saranno guardati con diffidenza ed ostilità da tutti in quanto “mutini”, “fascisti della Muti”…. Colombo, invece, catturato a Cadenabbia il 27 aprile del 1945 dove era in missione alla ricerca di Mussolini, sarà fucilato a Lenno alle 13 del 29 aprile (non del 28 aprile come hanno riportato erroneamente una serie di storici, copiandosi a vicenda). Quando gli comunicano che Mussolini è stato ucciso, che molti suoi arditi sono stati passati per le armi, dice di voler morire. Dopo il processo-farsa, alla fine del quale apprende dai carcerieri di essere condannato a morte, Colombo risponde soltanto: “finalmente!”. Poco prima di essere fucilato, alla domanda se ha bisogno dell’assistenza spirituale di un prete, risponde: “Non ho niente di cui pentirmi”. Dopo avergli legato i polsi dietro le spalle con un fil di ferro, i partigiani gli chiedono quale è il suo ultimo pensiero. Colombo, con un berretto nero, alla sciatora in testa, molto simile a quello delle Brigate Nere, risponde in dialetto milanese: “Andate a cagare…siete solo dei vigliacchi…Viva il Duce!”. Sereno, fissandoli negli occhi, ripete ai partigiani: “Femm dumà prest” (Fate solo presto!). La raffica di mitra dei partigiani, ormai deceduto il Comandante, tinge di rosso il berretto nero disceso frattanto sul petto. Sono i rivoli di sangue che sgorgano copiosi… Dopo la morte del Comandante, in diversi casi agenti dei servizi segreti anglosassoni penetreranno e perquisiranno le abitazioni dei parenti di Colombo, nella disperata ricerca di documenti altamente compromettenti per la storia dell’Inghilterra, documenti che – è lecito pensare – il Duce, in virtù della stima e della fiducia, dette nelle mani del Comandante. Dopo la guerra, decine di persone si presenteranno a casa del fratello del Comandante, rimasto disoccupato ed osteggiato in quanto legato addirittura da vincoli di sangue all’estremista fascista Franco Colombo, per offrire aiuto e lavoro, in quanto – secondo la loro stessa testimonianza – “ebbero la vita salva grazie al Colombo….”. Lo stesso neofascismo italiano ha sempre ignorato ed in molti casi disprezzato la figura del Comandante Colombo, al punto da preferirgli esplicitamente figure di importazione come ad esempio Degrelle o Skorzeny. Ora, se è vero che queste ultime sono figure degne del massimo rispetto, è anche vero che sono figure completamente estranee, per mentalità ed orizzonti, allo squadrismo fascista rivoluzionario. Viceversa Colombo, incarna fino in fondo l’essenza mistico-squadrista del Fascismo. Ne ha portato fino alle più limpide soglie l’etica di fedeltà e sacrificio. Franco Colombo torna in prima linea dopo l’8 settembre, quando la sorte negativa del fascismo incombe minacciosa. E’ una scelta da autentico testimone. Con estrema coerenza, il Comandante ha rialzato la bandiera nera nel momento della tragedia, servendo con animo da apostolo la più mistica e la più mediterranea delle idee. Si può dunque azzardare che il Comandante della “Muti”, nella Storia, è, dopo il Duce Mussolini, nella schiera dei fascisti più determinati ed intransigenti. Franco Colombo è dunque il simbolo immortale del Fascismo.
UFFICIALI E SOTTUFFICIALI DELLA
LEGIONE AUTONOMA "ETTORE MUTI"
Forza della legione : Ufficiali 69, sottufficiali 89, graduati 44,
arditi 1.306, per un totale di 1.508 effettivi.
29 APRILE 1945-LAGO DI COMO
IL COLONNELLO FRANCO COLOMBO (CHE SI INTRAVVEDE DENTRO IL FINESTRINO) VIENE PORTATO DAI PARTIGIANI A LENNO,, PER ESSERE FUCILATO CONTRO IL MURO DI UN BAR , DOVE ALCUNI MESI PRIMA, SI ERA SVOLTO UN
CONFLITTO TRA FASCISTI E PARTIGIANI
CONFLITTO TRA FASCISTI E PARTIGIANI
LA MORTE DI UNO SQUADRISTA
“Verso le 13 di domenica 29 aprile 1945 (non del 28 come solitamente si riporta), i polsi assicurati dietro le spalle, legati con un fil di ferro, con la pioggerella che batte insistentemente, Colombo viene portato a Ganzo di Mezzegra, località scelta perché un anno prima qui furono fucilati sei partigiani, che avevano in precedenza colpito mortalmente quattro fascisti repubblicani
Alla domanda se ha bisogno dell’assistenza spirituale di un prete, risponde: “Non ho niente di cui pentirmi”
Lo sbattono con violenza contro il muro, in un angolo, vicino ad una pasticceria. I partigiani gli chiedono qual è l’ultimo pensiero che vuole esprimere. Colombo risponde in milanese: “Andate a cagare…Siete solo dei vigliacchi. Viva il duce !”
Il Comandante è fermo. Osserva con tranquillità negli occhi coloro che gli stanno per dare la morte. Ha le immagini dei suoi Arditi negli occhi della mente e nel cuor; sa già che molti di loro sono stati ferocemente uccisi, senza nessun rispetto della parola data…..
Ora si ritrova con le spalle appoggiate al muro, pochi istanti di vita davanti, il fil di ferro legato ai polsi dietro le spalle, i mitra piantati in faccia, la pioggia che batte senza tregua. Così muore l’ultimo squadrista
“E’ sereno, e guardandoli negli occhi, dice: “Femmdumàprest” (Fate solamente presto)
Partono le prime scariche di mitra. Cade in ginocchio, poi un’altra raffica, si accascia definitivamente su un fianco
Il suo berretto nero, mentre il corpo cade a terra, gli rotola sul petto; i rivoli di sangue che sgorgano, copiosi, dalle ferite, lo coprono di sangue”
(Luca Fantini, “Gli ultimi fascisti, Franco Colombo e gli Arditi della Muti”, Città di Castello 2007)
Franco Colombo era stato squadrista ai tempi della vigilia, nella “Randaccio” milanese; a lui si deve, in particolare, la presa di Palazzo Marino il 3 agosto del’22, quando, con altri due o tre compagni di squadra, passando da una finestra, si introdusse nella sede comunale e aprì il pesante portone di ingresso.
Giacinto Reale
Giacinto Reale
OTTOBRE 1944
28 ottobre 1944 Milano
Da sinistra Colombo, comandante della Muti con Pavolini
L'ultima spedizione
Il figlio di Mussolini Vittorio e l'ex vice segretario del PRF Pino Romualdi anch'essi a Como furono convinti da un ufficiale del servizio segreto Alleato a raggiungere Mussolini a Menaggio per convincerlo a consegnarsi agli Alleati. Alla spedizione in partenza si unì anche Colombo. A garantire l'incolumità dei membri della spedizione fu Giovanni Dessy munito di un apposito lasciapassare ma a Cadenabbia, la piccola colonna formata da due macchine incappò in un posto di blocco partigiano. Nonostante Dessy mostrasse le credenziali del CLN. queste non furono prese in considerazione e gli occupanti delle vetture furono sequestrati e portati a San Fedele. Qui Dessy riuscì a far rilasciare Romualdi che non era stato riconosciuto. Colombo fu trattenuto per due giorni poi il 28 aprile fu condotto a Lenno e sommariamente fucilato. La sua tomba oggi si trova nel campo 10 del Cimitero Monumentale di Milano, dove sono sepolti i caduti della Repubblica Sociale Italiana.
Francesco Colombo, detto "Franco" nacque a Milano, 26 luglio 1899.
Colombo fu uno dei “ragazzi del '99” che nel 1918 partecipa alla Prima Guerra Mondiale come aviere, contribuendo così al ricongiungimento all'Italia delle terre irredente. Fascista della prima ora, Franco Colombo partecipa allo squadrismo fino alla presa del potere da parte di Mussolini, diventando responsabile del gruppo rionale fascista “Montegani”.
Nel 1943 non esita ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana, fondando il 18 settembre la Squadra d'Azione Ettore Muti, intotalata appunto al soldato più decorato della storia d'Italia vigliaccamente assassinato dai traditori della Patria.
La Squadra d'Azione Muti, composta da Fascisti di provata fede rappresentava l'ala più dura e intransigente del Fascismo Repubblicano milanese, determinata a difendere ad ogni costo e con ogni metodo la Patria dai banditi che collaboravano con l'invasore.
Gli omicidi di Piero De Angeli e di Aldo Resega da parte delle forze partigiane nel dicembre del 1943 accrescono ancora di più questa determinazione.
Il 19 marzo 1944 viene costituita la Legiona Autonoma Ettore Muti con l'approvazione del Ministro dell'Interno Guido Buffarini Guidi. A Colombo venne assegnato il grado di Colonnello.
Da gruppo squadrista milanese il gruppo di Colombo diventa una vera e propria forza militare della Repubblica Sociale Italiana. La Legione viene chiamata anzitutto a fronteggiare le bande partigiane in Piemonte, in particolare nelle province di Cuneo e di Vercelli. La Legione Autonoma Ettore Muti fu definita dal Duce “la mia pupilla”: a dimostrazione di questa grandezza, furono gli stessi reparti della LAM a scortare Mussolini quando lasciò Milano.
Significativo è il pensiero di Colombo: il Fascismo come redenzione. La LAM aprì le porte a moltissimi italiani (inquadrati nel reparto “Battaglione Ricostruzione Redenzione”) che vennero salvati dalla deportazione in Germania o dal carcere forzato. Ad essi Colombo offrì la possibilità di redimere i propri errori scegliendo la bellezza del combattimento per la Patria.
Negli ultimi giorni della RSI Colombo tenta di ricongiungersi a Mussolini al seguito di duecento legionari, ma il 27 aprile, contravvenendo agli accordi, una colonna partigiana blocca la Muti presso Cernobbio. Colombo, ritenendo doveroso evitare un inutile spargimento di sangue, accetta la resa e scioglie i reparti.
L'ultima spedizione di Colombo per raggiungere Mussolini si concluse con un altro blocco partigiano sempre in violazione degli accordi; Franco Colombo verrà portato a Lenno e sommariamente fucilato il 28 aprile 1945.
La sua tomba nel Campo X testimonia la vita di uomo che intese il Fascismo come sacrificio e redenzione, fedele al comandamento secondo il quale non vi sono privilegi se non quello di compiere il proprio dovere.
Lo ricordiamo con un estratto del suo discorso al momento dello scioglimento della Legione Autonoma:
«Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino in fondo. Ci siamo battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta fosse dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per sopravvivere; perché l'Italia riprendesse quel posto segnato da millenni di storia. Per il domani, una volta raggiunta la pace, vi sono speranze. Forse molte più di quanto non immaginiamo. E' necessario riaffermare il valore sacro dei nostri principi, i principi del Fascismo.
Dovremo denunciare i futuri falsificatori della Storia, indicandoli come dei servili mercanti. La storia della nostra Legione è stata breve ma intensa. Non disperdiamone il seme. »
Mussolini a Milano, per il discorso del Lirico, sul predellino dell'auto Franco Colombo
MILANO 18 DICEMBRE 1944
Milano 1945
Il segretario del PFR Alessandro Pavolini e il comandante della "MUTI" Franco Colombo in visita alla caserma della Legione Autonoma "ETTORE MUTI" in via Rovello
LEGIONARI DELLA MUTI
22 FEBBRAIO 1945
Legionari della Muti, di picchetto allo stabilimento Caproni a Taliedo,
con al centro il loro comandante Franco Colombo.
MILANO
Piero Parini e Francesco Colombo presso l'Arena Civica con gli arditi della Compagnia Giovanile "Alfiero Feltrinelli"
14 SETTEMBRE 1943
BATTAGLIONE DI COMBATTIMENTO VOLONTARI "ETTORE MUTI"
COLOMBO CON PAVOLINI AI FUNERALI DI ETTORE MUTI
L' ECO BERGAMO 1 MAGGIO 1945
MILANO CIMITERO MAGGIORE IL CAMPO X DEI CADUTI DELLA RSI
DOVE E' SEPOLTO FRANCESCO COLOMBO
La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti è sciolta da Colombo alle 8 del mattino del 27 aprile. Il Comandante raduna i suoi uomini nella piazza dell’imbarcadero di Como e comunica loro malinconicamente che il giuramento alla RSI è da ritenersi sciolto.
Riaffermeremo ovunque i principi sacri del Fascismo. La storia della nostra Legione è stata breve, ma intensa. Non disperdiamone il seme. Questo è il momento più brutto della nostra vita, ma l’Italia dovrà un giorno riprendere quel posto tracciato da millenni di storia. La nostra battaglia sarà la medesima: lo spirito al di sopra della materia, l’eroismo come legge morale. Sono certo che nessuno di voi, tornando dai propri cari, dimenticherà l’alto insegnamento etico che la Legione, schieramento di punta del Fascismo in armi, vi ha fornito in questo breve periodo. Protettori dei deboli e dei diseredati, amici degli umili, temerari come nessuno in battaglia, voi arditi avete onorato la sacra consegna del Duce e dei nostri martiri. Grazie ragazzi: sono orgoglioso di voi! Quando Colombo pronuncia le ultime parole con cui li congeda, gli arditi hanno gli occhi lucidi, i loro volti sono rigati dalle lacrime. Sentono dentro la loro anima tutto il peso di una sconfitta di civiltà, per realizzare la quale si sono mobilitate le più alte potenze plutocratiche e tecnocratiche della storia. Un immenso sentimento di malinconia, struggente e inspiegabile, rimarrà nell’anima a ricordo dell’esperienza legionaria. Ma quasi tutti, tra loro, saranno uccisi nella via del ritorno. Decine e decine, vittime di stragi, saranno brutalmente eliminati in seguito a torture. Alcuni, non identificati, spariranno bruciati negli inceneritori nei sotterranei della stazione centrale di Milano. Quei pochissimi che, invece, riusciranno miracolosamente a sopravvivere saranno guardati con diffidenza ed ostilità da tutti in quanto “mutini”, “fascisti della Muti”…. Colombo, invece, catturato a Cadenabbia il 27 aprile del 1945 dove era in missione alla ricerca di Mussolini, sarà fucilato a Lenno alle 13 del 29 aprile (non del 28 aprile come hanno riportato erroneamente una serie di storici, copiandosi a vicenda). Quando gli comunicano che Mussolini è stato ucciso, che molti suoi arditi sono stati passati per le armi, dice di voler morire. Dopo il processo-farsa, alla fine del quale apprende dai carcerieri di essere condannato a morte, Colombo risponde soltanto: “finalmente!”. Poco prima di essere fucilato, alla domanda se ha bisogno dell’assistenza spirituale di un prete, risponde: “Non ho niente di cui pentirmi”. Dopo avergli legato i polsi dietro le spalle con un fil di ferro, i partigiani gli chiedono quale è il suo ultimo pensiero. Colombo, con un berretto nero, alla sciatora in testa, molto simile a quello delle Brigate Nere, risponde in dialetto milanese: “Andate a cagare…siete solo dei vigliacchi…Viva il Duce!”. Sereno, fissandoli negli occhi, ripete ai partigiani: “Femm dumà prest” (Fate solo presto!). La raffica di mitra dei partigiani, ormai deceduto il Comandante, tinge di rosso il berretto nero disceso frattanto sul petto. Sono i rivoli di sangue che sgorgano copiosi… Dopo la morte del Comandante, in diversi casi agenti dei servizi segreti anglosassoni penetreranno e perquisiranno le abitazioni dei parenti di Colombo, nella disperata ricerca di documenti altamente compromettenti per la storia dell’Inghilterra, documenti che – è lecito pensare – il Duce, in virtù della stima e della fiducia, dette nelle mani del Comandante. Dopo la guerra, decine di persone si presenteranno a casa del fratello del Comandante, rimasto disoccupato ed osteggiato in quanto legato addirittura da vincoli di sangue all’estremista fascista Franco Colombo, per offrire aiuto e lavoro, in quanto – secondo la loro stessa testimonianza – “ebbero la vita salva grazie al Colombo….”. Lo stesso neofascismo italiano ha sempre ignorato ed in molti casi disprezzato la figura del Comandante Colombo, al punto da preferirgli esplicitamente figure di importazione come ad esempio Degrelle o Skorzeny. Ora, se è vero che queste ultime sono figure degne del massimo rispetto, è anche vero che sono figure completamente estranee, per mentalità ed orizzonti, allo squadrismo fascista rivoluzionario. Viceversa Colombo, incarna fino in fondo l’essenza mistico-squadrista del Fascismo. Ne ha portato fino alle più limpide soglie l’etica di fedeltà e sacrificio. Franco Colombo torna in prima linea dopo l’8 settembre, quando la sorte negativa del fascismo incombe minacciosa. E’ una scelta da autentico testimone. Con estrema coerenza, il Comandante ha rialzato la bandiera nera nel momento della tragedia, servendo con animo da apostolo la più mistica e la più mediterranea delle idee. Si può dunque azzardare che il Comandante della “Muti”, nella Storia, è, dopo il Duce Mussolini, nella schiera dei fascisti più determinati ed intransigenti.
Franco Colombo è dunque il simbolo immortale del Fascismo.
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