Le Penne Nere della RSI: storia della Divisione Alpina Monterosa
Negli ultimi tempi le polemiche da parte dei circoli anarchici sulla presenza alpina a Trento si sono fatte sentire in ridicoli proclami che hanno lasciato il tempo che avevano trovato. All’odio nei confronti della nazione italiana si è aggiunto anche un vergognoso disprezzo nei confronti della figura dell’alpino stesso. Conosciamo bene la storia degli Alpini, una storia tutta italiana fatta di orgoglio,coraggio, generosità, ma soprattutto di tanto patriottismo. Prendo spunto da questo al fine di raccontare un pezzo di storia di questo glorioso corpo, cioè della Divisione Alpina Monterosa.
Dobbiamo sottolineare che la storia di tale divisione non è conosciuta ai più in quanto schierata con la Repubblica Sociale Italiana e quindi a suo modo “dimenticata” perché associata alla memoria dei vinti della storia della guerra civile italiana. La Monterosa fu una delle più grandi unità militari create durante la Repubblica Sociale Italiana dopo l’infame Armistizio dell’8 settembre 1943, nonché una delle più importanti che combatterono sotto le insegne del Fascismo repubblicano. L’obiettivo era una riorganizzazione degli Alpini che avevano già combattuto nel Regio Esercito, protagonisti sulle Alpi Occidentali, in Grecia e anche nella Campagna di Russia e di creare una valida quanto efficiente unità combattiva a fianco dell’alleato tedesco nei territori di montagna. Creata nel gennaio del 1944 a Pavia essa venne mobilitata nel febbraio successivo. L’organico era composto per il 19%, quindi un’esigua parte, da ufficiali, sottufficiali e soldati già arruolatisi volontariamente nel Regio Esercito prima dell’Armistizio, e per il resto da reclute delle classi 1924 e 1925 chiamate alle armi dal governo fascista repubblicano.
La divisione venne fatta trasferire successivamente in Germania per un addestramento di sei mesi da parte di istruttori militari tedeschi. Nello stesso organico della divisione vi sono anche trenta ausiliarie alpine, le prime nella storia di tale corpo. Il 16 luglio del 1944 venne passata in rassegna a Münsingen dal capo di stato e di governo della Repubblica Sociale Italiana Benito Mussolini, il quale elogiò con un discorso i reparti che si accingevano a ritornare in Italia e consegnò loro le bandiere di combattimento. La divisione, composta da circa 20.000 uomini, rientrò in Italia nello stesso mese e venne posta sotto il comando del Corpo d’armata “Lombardia” nella zona ligure al fine di prevenire un eventuale sbarco alleato in quelle zone. Il reparto viene tuttora considerato come il meglio armato e addestrato tra le unità alpine nel corso della guerra. La divisione venne impiegata nella zona della Garfagnana in Toscana, quindi a ridosso della Alpi Apuane e dell’Appennino Tosco Emiliano, dove riuscì assieme alle divisioni tedesche nel mese di dicembre dello stesso anno a bloccare l’avanzata alleata ,nelle cui file vi erano sia la quinta armata americana sia i reparti brasiliani, nel contesto dell’Operazione Wintergewitter e facendo indietreggiare le forze alleate oltre la zona del fiume Sirchio, con conseguente cattura di armi ed equipaggiamento oltre che di prigionieri, costituendo un buonissimo successo tattico per gli italo-tedeschi.
Un mese prima avvenne uno dei tanti episodi tragici che accaddero durante la guerra civile italiana, dove una brigata partigiana si macchiò di un orribile crimine contro gli alpini della Monterosa. Verso gli ultimi giorni del novembre 1944 due plotoni di alpini della Monterosa, 67° compagnia del Battaglione Cadore provenienti da Garessio e dall’alta Valle Tanaro, si trovano a fronteggiare la quinta brigata partigiana garibaldina nei pressi di Calizzano, in territorio savonese. I combattimenti sono feroci e intensi per entrambi gli schieramenti, ma nonostante due plotoni di alpini riescano a disimpegnarsi e a rientrare nel proprio reparto a Ceva, quello rimasto si ritrova circondato e senza la possibilità di ottenere rinforzi. Ma nonostante ciò continua a combattere, anche a prezzo di dure perdite. Alla fine diciassette alpini verranno fatti prigionieri al termine degli scontri e portati a forte Tortagna, situato sul colle omonimo, dove verranno prima denudati e poi passati per le armi uno ad uno senza alcun rispetto per la vita umana e senza il minimo accenno alle convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra. L’unico membro del gruppo di alpini prigionieri che scampò al massacro – perché ancora minorenne – grazie all’intervento del suo comandante, il sottotenente Mario Da Re, testimonierà tale crimine avvenuto per mano partigiana.
Un altro orribile delitto avvenuto nei riguardi degli Alpini Monterosa riguarderà il 13a Cpg del Btg. “Intra” della Divisione Alpina Monterosa Paolo Carlo Broggi, il quale troverà la morte per mano partigiana a soli ventuno anni, dove nel corso di uno scontro a fuoco con partigiani della Lunense venne ferito e catturato. Rifiutandosi come richiesto dai partigiani in cambio di aver salva la vita di rinnegare il giuramento di fedeltà fatto alla Repubblica Sociale Italiana egli venne condannato alla fucilazione, dove gli fu sentito gridare “l’Italia può fare a meno di me, ma non del mio onore.Viva l’Italia” .Alla foce del fiume Careggine è stato eretto un monumento in pietra che ricorda il suo sacrificio.
Successivamente, a partire dal gennaio 1945, la Monterosa venne spostata nei pressi delle Alpi Occidentali per fermare l’avanzata alleata delle truppe francesi e americane. Da segnalare un episodio di sabotaggio al di là delle linee nemiche da parte di 25 alpini e di 25 Gebirgsjäger che fecero saltare le fortificazioni di Mont Janus, nei pressi del confine francese. L’ultimo gruppo della divisione Monterosa, cioè il Gruppo Mantova, già schieratasi in Val di Susa e a la Thuile dalla fine di marzo si arrese agli americani l’8 maggio, 10 giorni dopo lo scioglimento del reparto da parte del Maresciallo Graziani. La Divisione alla fine della guerra conta 1.100 caduti, 142 decorazioni assegnate, tra le quali una medaglia d’oro al valor militare all’alpino Renato Assante, inoltre 89 encomi e numerosi croci di guerra.
A partire dal dopoguerra i reduci dopo una serie di raduni hanno fondato nel 1951 l’Associazione “Divisione Monterosa”; tra gli scopi dell’associazione anche il sostegno economico ad invalidi di guerra, in quanto, a quella data, lo stato italiano ancora non riconosceva i combattenti della Repubblica Sociale Italiana. Ciò avverrà qualche anno dopo, con la sentenza del 26 aprile 1954 n. 747 del Tribunale supremo militare. Un sacrario dedicato ai caduti della divisione Monterosa si trova a Palleroso (comune di Castelnuovo di Garfagnana). Inizialmente l’Associazione Nazionale Alpini (ANA) non riconobbe ufficialmente i combattenti della Monterosa come alpini, ma a partire dal 27 maggio 2001 veniva annullata tale disparità di natura specificatamente politica, attribuendo anche ai ragazzi della Monterosa la qualifica ufficiale di Alpini d’Italia.
(di Lorenzo De Min)
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