mercoledì 26 ottobre 2016

UGO TOGNAZZI . AFFETTO, ONORE E RISPETTO

 Affetto per l'Uomo che ci ha goliardamente fatto sorridere 
Onore e Rispetto per il Milite della Brigata Nera di Cremona

 
 
 
Nato a Cremona il 23 marzo del 1922, figlio di un assicuratore, Ugo Tognazzi è presto costretto ad abbandonare gli studi (cosa della quale non poco si dorrà col passare del tempo) e già a quattordici anni lavora negli stabilimenti del Salumificio Negroni. Segnato nell'estro dalle esperienze teatrali fatte sin dalla più tenera infanzia (a soli quattro anni aveva preso parte ad alcuni spettacoli di beneficenza), lo troviamo ben presto impegnato nelle recite della filodrammatica cittadina, presso il Dopolavoro, attività che durante la guerra, chiamato alle armi nei ranghi della Marina, lo porterà di stanza a La Spezia, impiegato nelle attività di intrattenimento dei soldati, protagonista di piccoli spettacoli a base di barzellette e imitazioni.
 
 
 
 
 
Il settembre del '43 lo vede recuperare Cremona, determinato a continuare la sua attività artistica organizzando piccoli spettacoli di rivista nelle ore libere dal lavoro che svolge all'Ufficio Ammasso e Fieno. Ma la provincia gli sta ormai stretta, così si sposta a Milano in cerca di fortuna. È il 1945 e un concorso per dilettanti lo vede trionfare, procurandogli la prima scrittura con una compagnia di giro, che ben presto lo porta a farsi notare dall'ambitissima corte di Wanda Osiris: scritturato dalla "wandissima", non esita a liberarsi dal contratto precedente pagando un'esosa penale e, pur stipendiato, resta in attesa di calcare le scene per la diva. Ma il tempo passa e la fine della guerra vede l'impresario svanire nel nulla e la compagnia della Osiris sciogliersi: per Tognazzi questa resterà la prima grande delusione della sua carriera. Ma ormai il suo nome è nel giro e il giovane attor comico non tarda a trovare una nuova scrittura con la compagnia di Erika Sandri, che lo porta in giro per l'ltalia, dal nord al sud, con "Viva le donne" di Marchesi. È solo l'inizio di una intensissima stagione che, sino al '56, lo vede impegnato in un crescendo di successi: nella stagione 1946-'47, dopo essere stato in scena con "Bocca baciata", è accanto a Macario in "Cento di queste donne"; nel 1948-'49 è ancora con Macario in "Febbre azzurra" e poi passa con la Masiero in "Paradiso per tutti"; nel '49-'50 è tra i protagonisti di "Castellinaria" di Amendola, Gelich e Maccari, seguito nel '50-'51 da "Quel treno che si chiama desiderio". Mentre le scene salutano con successo i suoi numerosi impegni, il cinema inizia ad accorgersi di lui: è infatti del 1950 la sua prima esperienza su un set, chiamato tra gli interpreti de "I cadetti di Guascona" di Mario Mattoli. E se il decennio vedrà Tognazzi partecipe di altre 30 leggerissime commedie per lo schermo, il palcoscenico non cesserà certo di essere tra i suoi impegni, in un susseguirsi frenetico di lavori prestigiosi: "Dove vai se il cavallo non ce l'hai?" ('51-'52), "Ciao, fantasma" ('52-'53), "Barbanera, bel tempo si spera" ('53-'54), "Passo doppio" ('54 '55).
 
 
 
 
 
Il 1955 è un anno cruciale per l'evolversi della carriera di Tognazzi: registra infatti il suo debutto nel teatro di prosa con la commedia di Bracchi "Il medico delle donne", ma segna anche il consolidarsi del successo televisivo che, dalla fine del '54, lo vede protagonista, in inseparabile coppia con Raimondo Vianello, di "Un, due, tre", il fortunatissirno varietà della Rai che lo impegnerà con immutato entusiasmo sino al 1959. Sempre il 1955, d'altronde, porta a Tognazzi il prirno figlio, Ricky, avuto con la ballerina inglese Pat O'Hara, ma tanto non basta a placare la sua fama di tombeur de femmes, che alimenta i rotocalchi dell' epoca contribuendo a fare di lui un personaggio chiacchieratissimo. E se nel 1956 assieme ad Agus e Zoppelli mette insierne una sua compagnia, con la quale porta in giro "Il fidanzato di tutte", "Papà mio marito" e "L'uomo della grondaia", va detto che Tognazzi appare sempre più preso nel vorticoso mondo del cinerna, che, sul far dei Sessanta, finirà per coinvolgerlo del tutto, non prima però di averlo visto debuttare nella regia teatrale, portando in scena e interpretando al Quirino di Roma "Gog e Magog".
 
 
 
 
 
L'occasione per dare una svolta alla sua carriera giunge con "Il federale" di Luciano Salce: è il 1961 e, con la sua brillante e umanissima caratterizzazione del graduato delle brigate nere Primo Arcovazzi, Ugo Tognazzi rivela finalmente anche sul grande schermo le sue doti di interprete destinato a offrire il suo volto alla stagione d'oro della commedia italiana. D'altro canto, a conferma dell'impegno col quale negli anni Sessanta l'attore si dedica all'attività cinematografìca, nel '61 giunge anche il suo esordio nella regia con "Il mantenuto", primo di cinque film che, a cadenze più o meno regolari, l'attore vorrà dirigere nel corso degli anni (gli altri saranno: "Il fischio al naso", '67; "Sissignore", '68; "Cattivi pensieri", '76; "I viaggiatori della sera", '79; ai quali è da aggiungere, nel '70, l'esperienza di regista della serie televisiva "F.B.I. Francesco Bertolazzi lnvestigatore"). Sono anni, questi, in cui il cinema è prodigo con Tognazzi di collaborazioni qualifìcate e di titoli rimasti fondamentali per la nostra cinematografia: con Salce gira "La voglia matta" ('62) e "Le ore dell'amore" ('63); con Dino Risi fa "La marcia su Roma" ('62) e subito dopo trova la consacrazione definitiva con "I mostri" ('63), entrambi interpretati accanto a Vittorio Gassman. Ma è soprattutto con Marco Ferreri che trova la chiave per definire un personaggio umanamente surreale in opere discusse e fondamentali come "Una storia moderna: l'ape regina" ('63), "La donna scimmia" ('64), "Controsesso" ('64) e "Marcia Nuziale" ('66).
 
 
 
 
 
La vita privata, intanto vede Tognazzi sposo per pochi mesi del '63 dell'attrice norvegese Margarete Robsahm, dalla quale ha il secondo figlio, Thomas. Di questi stessi anni è del resto l'incontro con l'attrice Franca Bettoja, destinata a diventare prima sua compagna e poi (dal '72) sua sposa. Polo d'attrazione di tutte le certezze degli anni della sua maturità, Franca Bettoja darà a Tognazzi altri due figli: Gianmarco, nel 1967, e Maria Sole, nel 1973.
 
 
 
 
 
L'ultimo scorcio dei Sessanta trova Tognazzi impegnato a smungere dalla sua già ricca filmografia le prestazioni più immediatamente d'evasione, cercando soggetti e autori in grado di qualificarne sempre più le acute doti d'interprete degli umori e delle debolezze della società contemporanea: in questo senso vanno le collaborazioni con Pietrangeli ("Io la conoscevo bene", '65), Germi ("L'immorale", '67), Giraldi ("La bambolona", '68), Scola ("Il commissario Pepe", '69) e Pasolini ("Porcile", '69). Ma questo è anche il periodo che registra la seconda grande delusione della carriera di Tognazzi: Fellini lo mette sotto contratto per il poi mai realizzato "Viaggio di Mastorna", ma poi rinuncia a girare il film, lasciando l'attore con l'amarissima delusione di una consacrazione mancata, dalla quale cercherà di rifarsi accettando di interpretare Trimalcione nel "Satyricon" ('69) che Polidoro mette in cantiere a tempo di record per battere il contemporaneo progetto di Fellini.
 
 
 
 
 
Gli anni Settanta trovano Tognazzi interprete sempre più acuto, anche se non esente da scelte discutibili. L'incontro con Mario Monicelli produce due grandi successi come "Romanzo popolare" ('74) e "Amici miei" (campione d'incassi nel '75), quello con Lattuada il pungente "Venga a prendere il caffé da noi" ('70), mentre con Risi realizza, tra gli altri, "ln nome del popolo italiano" ('71), "La stanza del vescovo" ('77) e "Primo amore" ('78). Accompagna lo scrittore Alberto Bevilacqua nelle prove cinernatografìche de "La Califfa" ('70) e "Questa specie d'amore" ('72) e ritrova il miglior Ferreri con "L'udienza" ('71) e soprattutto "La grande abbuffata" ('73), che gli regala il successo internazionale, bissato poi nel '78 in chiave completamente diversa con "Il vizietto" di Edouard Molinaro.
 
 
 
 
 
Gli anni Ottanta lo accolgono sulla "Terrazza" di Ettore Scola ('80) ma soprattutto lo salutano straordinario interprete della "Tragedia di un uomo ridicolo" di Bernardo Bertolucci che gli procura il prernio per l'interpretazione al Festival di Cannes dell'81: è un traguardo che Tognazzi tocca con orgoglio, ma che purtroppo si tramuterà in motivo d'amarezza quando, negli anni successivi, constaterà che il cinema italiano non è più capace di offrirgli altri ruoli in grado di valorizzarlo. A parte "Il petomane" di Pasquale Festa Campanile ('83) e "Ultimo minuto" di Pupi Avati ('87), gli anni Ottanta cinematografìci di Tognazzi sono poco magnanimi. Il personaggio pubblico brilla come cuoco d'alta cucina in TV e nei libri di ricette che pubblica, e l'artista torna a calcare il palcoscenico accettando con orgoglio l'invito di Strehler a Parigi per recitare in francese alla Comédie Française i "Sei personaggi in cerca d'autore" e poi portando in scena in ltalia "L'avaro" di Molière con la regia di Missiroli ('88) e "M. Butterfly" ('89) a Milano.
 
 
 
 
 
Sono anni tristi, questi, tagliati dalla vena malinconica di una vitalità in esaurimento che declina spesso nella depressione. Bisognoso di conferme, Tognazzi le trova nel calore del clan familiare che affettuosamente lo circonda e nel successo col quale il pubblico accoglie il suo ritorno teatrale.
 
 
 
 
 
Muore per un ictus il 27 ottobre del 1990, a 68 anni: reduce dal set del telefilm Rai "Una famiglia in giallo" e in procinto di replicare a Roma il trionfo milanese del "M. Butterfly".

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